Lavoro a rischio a causa della burocrazia. Stavolta, ne è vittima un diversamente abile.
È la storia di Giuseppe Di Maria, 35 anni, di Modica. È il classico «precario a vita» che aveva trovato lavoro a tempo indeterminato in un’azienda privata ma da dieci mesi non può essere assunto per cause burocratiche: «Nei primi mesi dello scorso anno — spiega il trentacinquenne — sono stato selezionato, a seguito di regolare colloquio, da un’azienda di torrefazione per essere assunto full time e a tempo indeterminato come impiegato. Per via della mia invalidità dell’ ottanta per cento, come prevede la legge, la mia assunzione era stata inserita tra le cosiddette categorie protette».
«Il 13 aprile — continua — l’azienda in questione ha inoltrato la pratica occorrente all’Ufficio Provinciale del Lavoro e, contemporaneamente, mi è stato comunicato che, secondo informazioni attinte presso tali uffici, dopo due mesi circa avrei potuto materialmente iniziare il mio nuovo lavoro». Trascorsero, però, trascorsiben sette mesi. Solo il 16 novembre Giuseppe Di Maria è stato sottoposto alla visita medica e da allora non ha saputo più niente: «Ho chiesto più volte notizie sulla pratica—puntualizza — ma ho solo appreso che l’Ufficio del Lavoro lo scorso 4 agosto aveva provveduto a trasmetterla all’Ausi 7 di Ragusa. A questo punto, più niente».
Ancora silenzio, dunque, su una pratica rimasta ferma all’Ufficio del Lavoro per quattro mesi e negli uffici dell’Azienda sanitaria per altri sei: «Tutto ciò — esclama amaramente l’interessato — è causato dalla mancata firma di un certificato di mera routine, attestante la mia idoneità all’espletamento delle mansioni per cui un’azienda ha scelto di assumermi. Devo, peraltro, ringraziare l’azienda che per dieci mesi ha voluto conservarmi il posto e spero che lo farà ancora. In ogni caso io ho rischiato, e in ogni modo rischio sempre, di non trovarlo più quel posto tanto desiderato e raggiunto dopo anni d’emarginazione e di precariato. Ciononostante ho già irrimediabilmente perduto dieci mesi di stipendio e di contributi previdenziali per la colpevole inadempienza di qualche ufficio».
L’Azienda sanitaria 7, dal canto suo, respinge le accuse sostenendo che quanto era nella propria competenza è stato effettuato entro i termini di legge: «Conosco il caso—dice il direttore sanitario dell’Ausi, Piero Bonomo—ma posso assicurare che per conto nostro abbiamo effettuato la visita entro i 90 giorni concessici dalla legge. Conseguentemente abbiamo inviato la documentazione alla Commissione Medica Periferica che non dipende dall’Ausi bensì dal Ministero del Tesoro e che ha restituito gli atti dopo due mesi. Per conto nostro abbiamo rispettato i tempi tecnici tant’è che, una volta avuto tutto il fascicolo, abbiamo contattato telefonicamente il Di Maria e il 3 febbraio gli abbiamo consegnato brevi mani il certificato. Da giovedì la documentazione è all’Ufficio del lavoro».(*sac*)
«Senza lavoro per un certificato» I dieci mesi di attesa di un invalido
- Febbraio 11, 2006
- 11:49 am
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