Modica. "Il mostro sullo stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il ponte". È il titolo di un libro presentato venerdì sera. Ne sono autori i messinesi Antonello Mangano, informatico, e Antonio Mazzeo, operatore della cooperazione internazionale, che hanno spiegato senza tanti giri di parole perché il ponte sullo stretto non s’ha da fare.
Primo: ci sono evidenti conflitti d’interesse tra finanziatori e finanziati, controllori e controllati, e soprattutto incroci, ricorrenze di nomi e società, partecipazioni multiple che fanno pensare ad una lobby del cemento che sponsorizza l’opera. La gara con cui la Impregilo si è aggiudicata l’appalto per i lavori del ponte presenta varie anomalie: dal ribasso di 500 milioni di euro, alla defezione delle grandi imprese estere, fino agli stretti legami che uniscono la società vincitrice alla Astaldi (seconda classificata alla gara d’appalto). Secondo: si consideri l’impatto sociale del ponte al di qua e al di là dello Stretto. Un cantiere di 764 mila mq distribuiti tra Messina e Villa San Giovanni, espropri di aree per complessivi 65.142.300 euro, il transito di 2000 camion al giorno in più, oltre 10 milioni di metri cubi di materiali estratti, la realizzazione di una discarica per lo stoccaggio di 560 mila metri cubi di inerti e materiali esausti, sconvolgeranno la vita della popolazione locale, causando la congestione del traffico, l’assottigliarsi delle risorse d’acqua, già scarse, per far fronte al fabbisogno idrico nei cantieri e l’aumento delle polveri e degli agenti inquinanti con gravi pericoli per la salute della collettività. Terzo: per la criminalità organizzata il ponte è un affare colossale. Secondo gli autori, i mafiosi cercheranno di inserirsi nell’organizzazione dei cantieri, nella gestione dei canali di approvvigionamento (rifornimento idrico, cemento, cave di pietra, movimento terra) e nelle grandi operazioni finanziarie, con l’imposizione di pizzo, tangenti, "guardianìa" e controllando i subappalti. Quarto: l’aspetto economico. Gli studi preliminari hanno sovradimensionato la domanda di utenza e sottostimato i costi di realizzazione, ma pur nelle ipotesi più rosee si calcola che la realizzazione del ponte avrà effetti disastrosi per i bilanci dello Stato. E nessun vantaggio per l’occupazione. L’impatto occupazionale (quinto punto), infatti, prevede un incremento di posti di lavoro solo per la durata dei cantieri. A regime, invece, si avrebbe un saldo negativo per il calo dell’occupazione nell’indotto del traghettamento. Sesto: lo studio di impatto ambientale, su cui è stata aperta anche una inchiesta giudiziaria, sorvola su importanti questioni come la compatibilità tra il ponte, gli undici siti naturalistici di importanza comunitaria e le due zone protette ricadenti nell’area interessata. E minimizza i rischi legati alla situazione geologica e sismica della zona. In ultimo, gli autori hanno affrontato un aspetto sconosciuto ai più: il tema della difesa militare del ponte. Data la sua sovraesposizione ad ogni tipo di attacchi con navi, aerei o missili, l’infrastruttura è destinata a diventare un punto sensibile di dimensione strategica non comparabile con alcun altro obiettivo in Italia. Un rapporto segreto della difesa, redatto circa vent’anni fa, afferma infatti che gli oneri finanziari per la difesa militare del ponte sarebbero altissimi: bisognerebbe approntare una molteplicità di sistemi aerei, missilistici e di artiglieria con base a terra e su mezzi navali da piazzare al centro del Mediterraneo. Insomma, costi enormi e benefici minimi per un’opera che non risolverà le carenze infrastnitturali dell’isola.
GIOVANNI CRISCIONE