Scoperto traffico internazionale di reperti. Ci sono anche dei vittoriesi coinvolti

Un traffico internazionale di reperti archeologici è stato scoperto dai carabinieri tra la Sicilia, l’Europa e gli Stati Uniti. Per questa inchiesta i militari dell’Arma e i finanzieri di Gela stanno eseguendo 52 misure cautelari emesse dal gip del tribunale, Lirio Conti. I provvedimenti vengono eseguiti in Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Abruzzo, Emilia Romagna, Veneto e Lombardia. L’inchiesta, denominata "Ghelas", è coordinata dal pm Alessandro Sutera Sardo, della procura della Repubblica di Gela. Le indagini sono state condotte in sinergia dai militari del Nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale della Sicilia e dalla compagnia della Guardia di Finanza di Gela che, per tre anni, hanno svolto accertamenti su alcune squadre di "tombaroli" siciliani fino ad arrivare a scoprire una più vasta e complessa organizzazione che aveva contatti con Germania, Svizzera, Spagna, Inghilterra e Stati Uniti. Durante l’operazione gli investigatori hanno recuperato centinaia di reperti archeologici di notevole valore. Nell’inchiesta sono coinvolti professionisti, imprenditori, collezionisti e antiquari. Delle 52 ordinanze emesse dal gip, ed eseguite stamani da carabinieri e finanzieri, per 27 indagati è stato previsto il carcere, ad altri otto gli arresti domiciliari e infine a 17 è stato imposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Nell’indagine "Ghelas" sono coinvolte altre 25 persone che sono state denunciate a piede libero. Nell’esecuzione delle misure cautelari sono stati impiegati oltre 300 militari tra carabinieri e finanzieri. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere e ricettazione. Secondo gli inquirenti avrebbero organizzato scavi abusivi in zone archeologiche siciliane dai quali sono stati prelevati decine di reperti di valore che sono stati venduti in Italia e all’estero. Dall’indagine emerge una rete illegale di trafficanti di opere d’arte. Reperti archeologici provenienti da scavi abusivi effettuati in alcune zone della Sicilia, sono stati recuperati dai carabinieri nel magazzino di un antiquario di Barcellona e nell’abitazione di un privato che abita a Zurigo. Si tratta di monete antiche e anfore. Gli inquirenti hanno richiesto ed ottenuto nei mesi scorsi rogatorie internazionali, che si sono svolte in Germania, in Svizzera e Inghilterra. Le indagini, che si basano in particolare su intercettazioni telefoniche, hanno preso il via lavorando su tre squadre di tombaroli delle zone di Aidone (Enna), Gela (Caltanissetta) e Vittoria (Ragusa), collegate, secondo gli inquirenti, ad un disoccupato di Gela, Orazio Pellegrino, di 43 anni, arrestato stamani, ritenuto uno dei capi dell’organizzazione. Pellegrino, secondo gli investigatori, aveva contatti con collezionisti e antiquari esteri, che gli consentivano di smerciare i reperti in diversi Paesi. I carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale hanno ricostruito lo schema sul quale si muoveva l’organizzazione, che era divisa in tre figure di riferimento: i "tombaroli", che si occupavano di reperire il "pezzo" attraverso scavi clandestini, furti o contraffazioni; i "ricettatori" che trafficavano il bene archeologico che veniva piazzato in Italia se si trattava di un bene di valore medio-basso, mentre andavano venduti all’estero quelli di valore medio-alto; i "committenti-ricettatori" cui era affidato il compito di rivendere gli oggetti a case d’asta e a noti antiquari di tutto il mondo, così come è emerso durante le rogatorie internazionali. I reperti archeologici rubati dai tombaroli in Sicilia venivano acquistati dalle società d’aste "Gorny e Mosch" di Monaco di Baviera e dalla Lennox Gallery di Londra. È quanto emerge dall’inchiesta che stamani ha portato all’arresto di 35 persone, a provvedimenti cautelari per altri 17 e all’emissione di 25 avvisi di garanzia. I carabinieri hanno accertato che il disoccupato di Gela, Orazio Pellegrino, ha anche venduto numerosi oggetti preziosi alla ditta Athena di Monaco di Baviera. La rogatoria svolta in Spagna ha messo in evidenza i collegamenti fra alcuni degli arrestati e l’antiquario Bea Felix Cervera di Barcellona, al quale sono stati trovati dagli investigatori beni provenienti da siti dall’area della Magna Grecia, soprattutto oggetti in ceramica a figure rosse, che secondo i consulenti della procura di Gela circolavano esclusivamente in Sicilia. A Zurigo è emerso dalla rogatoria che i trafficanti di opere erano in collegamento con Francesco Davoli e Oliver Daniel Martinez, secondo gli inquirenti attivi nel territorio svizzero nel campo dell’antiquariato. Le indagini hanno portato a recuperare circa duemila reperti tra le tipologie più comuni come vasi, statuette, monete, oggetti in bronzo, tutti ricollegabili ad ambiti siciliani e di epoca e civiltà greca, punica, romana e bizantina.

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su email
Email
Condividi su print
Stampa