INCIDENTE MORTALE A POZZALLO NEL 2003. ASSOLTA L’IMPUTATA

Si è concluso con l’assoluzione con formula piena il processo penale celebrato dal giudice unico del Tribunale di Modica, Giovanna Scibilia, nei confronti di C.A., funzionaria prefettizio, 45 anni, modicana, accusata di avere provocato la morte di un bambino milanese di dieci anni. Il decesso avvenne nel centro cittadino di Pozzallo, il tre dicembre del 2003. La donna, patrocinata dall’avvocato Carmelo Ruta(nella foto), è stata assolta perché il fatto non costituisce reato, mentre il pubblico ministero, Veronica Di Grandi, aveva chiesto la condanna a due anni di reclusione. L’imputata era accusata di omicidio colposo. Quel giorno era alla guida della propria autovettura. Il processo è stato molto articolato. In precedenza il perito di parte, l’ingegnere Giuseppe Garofalo, aveva smontato il calcolo della velocità del veicolo. Una consulenza tecnica fatta svolgere dagli avvocati Rosario Alberghino e Sergio D’Amato, che rappresentano la famiglia del ragazzino, avrebbe ritenuto eccessiva la velocità mantenuta dal veicolo al momento dell’impatto perchè si sarebbe trattato di un punto protetto per pedoni e, soprattutto, per studenti. Il perito della Procura, l’ingegnere Antonino Polino, aveva sostenuto, che l’autovettura viaggiava a sessantatre chilometri orari. Il consulente di parte sosteneva, invece, che la velocità del mezzo non andava oltre i quarantacinque chilometri orari ritenendo errato il calcolo delle formule operato dal Ctu. A perdere la vita fu il piccolo S.C., di Segrate, in provincia di Milano, mentre si trovava in vacanza a Pozzallo con i genitori. La difesa dell’imputata ha sostenuto, ed alla fine ha avuto ragione, che il bimbo fosse sbucato improvvisamente sulla strada. I genitori della vittima, che avevano chiesto, preliminarmente, un risarcimento danni miliardario(cinquecentomila euro), alla fine, avevano deciso di non costituirsi in giudizio anche perché c’era stata una transazione con l’assicurazione che era andata a buon fine, giacché le parti offese avevano accettato il risarcimento di circa 200 mila euro.

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