Cuffaro ricorre al Tar. L’ex governatore contesta la legittimità del decreto con il quale Prodi lo ha sospeso dalla carica dopo la condanna a 5 anni di reclusione per favoreggiamento

Era stato annunciato lo scorso gennaio; adesso, l’ex Governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro ha depositato formalmente al Tar del Lazio il ricorso amministrativo per contestare la legittimità del decreto con il quale il presidente del Consiglio Romano Prodi lo ha sospeso dalla carica dopo la sua condanna a cinque anni di reclusione per favoreggiamento. Il ricorso è stato assegnato alla prima sezione, presieduta da Pasquale de Lise; non ancora fissata la discussione della richiesta di sospensione prima, e di annullamento dopo, del decreto contestato. Fu lo stesso Cuffaro, il 30 gennaio scorso, a pochi giorni dalla sue dimissioni, a rendere noto di avere appreso che Prodi aveva firmato il decreto con il quale aveva disposto la sua sospensione da presidente della Regione siciliana. "Credo che tale atto sia solo da considerare come una provocazione politica – disse quel giorno – poichè, com’è noto, ho già lasciato spontaneamente la carica con le mie dimissioni irrevocabili. Sono esterrefatto e nel contempo preoccupato per la grave violazione di legge oltre che per l’ennesima scelta operata ignorando le prerogative dello Statuto siciliano, che è legge costituzionale, e dell’autonomia speciale della nostra Regione". Dal canto suo, dalla sede del governo, si sottolineò che il decreto di sospensione di Cuffaro era un "atto dovuto, in doveroso adempimento dell’articolo 15 della legge n. 55 del 1990 che recita: "sono sospesi di diritto dalle cariche coloro che hanno riportato una condanna non definitivà per il delitto, tra altri, di cui all’articolo 378 del Codice penale (favoreggiamento personale) in relazione all’articolo 416bis dello stesso Codice (associazione di tipo mafioso)".

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