SCICLI PIANGE FRANCESCO VENEZIANO. OGGI SI SONO SVOLTI I FUNERALI

Il cielo di Scicli ha pianto stamattina. Un’atmosfera irreale, di sospensione si respirava per le vie di Scicli. Negozi chiusi, saracinesche abbassate, tutti incamminati silenziosi verso piazza Carmine. I funerali di Francesco Veneziano, il 32enne morto in un incidente stradale sul ponte Guerrieri, hanno incupito l’animo della comunità che in quel ragazzo semplice, sorridente, giocoso, aveva riconosciuto un suo figlio. Maria Teresa Spanò, la mamma di Francesco Veneziano, ha trovato la forza di parlare, in chiesa: "Francesco non lo sapeva dire, non era bravo a usare le parole, ma il suo bisogno di stare sempre in compagnia degli amici era amore. Francesco amava. E il bisogno di stare sempre insieme ai compagni era amore. Francesco voleva dirci di stare vicini. Grazie. Grazie a tutti". Un suo amico legge una poesia: “La morte ti ha colto alle spalle, non ha avuto il coraggio di guardarti in faccia. Perché se ti avesse guardato in viso, avrebbe capito di sbagliare.” A portare in spalla la bara i colleghi di lavoro di Francesco, i dipendenti della ditta giarratanese dove lavorava come operaio, i compagni di squadra del calcio a cinque, in tuta. “Chè deve esserci un modo di vivere senza dolore”, sembra di leggere nei loro volti. Padre Ruta, durante l’omelia parla della Pasqua di Resurrezione a Scicli, festa amata da Francesco, sempre confuso tra il corpo bandistico, a inneggiare alla Gioia e alla vita, in quella stessa piazza che oggi è il luogo del suo arrivederci. Non si danno pace i compagni, gli amici. Qualche giorno ancora, e Francesco avrebbe terminato, per sua scelta, di fare su e giù da Giarratana. E’ morto mentre andava a lavorare, Francesco Veneziano. Di notte, quando gli altri in genere dormono. Ma i suoi occhi continueranno a vedere la luce negli occhi di un’altra persona, i familiari hanno donato le cornee. Sui boccioli di rose rosse i compagni di squadra hanno posato la maglietta numero 46, “Ciccio”, così, per antonomasia. L’amore per il calcio, le canzoni di Ligabue, la sua vita sociale inscindibile da quella dei compagni di gioco, la semplicità del suo porgere schietto e senza formalità, il suo legame per la vita e per gli amici sono apparsi silenziosi nei volti delle migliaia di persone che lo hanno omaggiato. Stretti intorno al padre Giuseppe, alla mamma Maria Teresa, al fratello maggiore Emanuele. Anche il cielo ha pianto.

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