OPERAZIONE HOT MONEY. MODICA, IL PROCESSO S’INCEPPA PERCHE’ UN TESTIMONE HA PROBLEMI DI SORDITA’

Il processo “Hot Money” s’inceppa perché un teste, ultraottantenne, è fortemente ipoacusico per cui ha difficoltà ad interloquire con accusa e difesa. Il pubblico ministero, Maria Mocciaro, chiede che sia eseguita una perizia per valutare quanto l’anziano sia in grado di comprendere. Tutto ciò perché si tratterebbe di un testimone ritenuto importante sulla base di quanto ha già dichiarato ai magistrati nella fase delle indagini relativamente ad un contratto di locazione. Il Tribunale( Patricia Di Marco, presidente, Maurizio Rubino e Lucia De Bernardin, a latere), si è riservato di decidere se ammettere la perizia o acquisire i verbali di sommaria informazione a firma dell’uomo (in quest’ultima ipotesi non c’è stato il consenso dei difensori). I giudici hanno convocato le parti per il prossimo 15 aprile, quando anche la difesa comunicherà se consentire la produzione di documenti di natura bancaria da parte della pubblica accusa perché gli avvocati hanno chiesto i termini per verificarli. L’operazione “Hot Money” fu eseguita nel mese di luglio del 2003 dalla Squadra Mobile di Ragusa e dagli agenti del Commissariato di polizia di Modica. Nella precedente udienza un testimone aveva detto in aula che il principale imputato, il falegname Giuseppe Arena, difeso dall’avvocato Carlo Ottaviano, si era presentato nel proprio esercizio annunciandosi come referente locale del Clan Santapaola. Arena è ritenuto la mente della presunta organizzazione. L’uomo, secondo l’accusa, avrebbe depositato nei propri conti correnti bancari somme provenienti da attività illecita ricondotta all’usura ed intestati fittizziamente anche a persone decedute. Complessivamente furono 10 i soggetti coinvolti nella vicenda. Sette sono modicani, uno è di Ragusa e due sono di Catania. Giovanni Bruno, 29 anni, ha già chiuso la sua posizione con il giudizio abbreviato. Gli altri imputati sono patrocinati dagli avvocati Salvatore Campanella, Salvo Maltese, Ignazio Galfo, Gabriella Oliveri e Giorgio Terranova. “La mente” della presunta organizzazione aveva prima scelto di fare scena muta, decise poi di tornare sui suoi passi, collaborando con gli inquirenti e ammettendo parzialmente i fatti. La perizia di 180 pagine escluderebbe molti rapporti tra le persone invischiate nella questione giudiziaria.

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