L’Ordine dei medici veterinari di Ragusa, in relazione alle aggressioni di cani a danno di persone culminate con la morte di un bambino ed il ferimento di tre persone, ha deciso di uscire allo scoperto per "tutelare i suoi iscritti dare informazioni corrette sul gravissimo evento e sulle possibili soluzioni alla preoccupante proliferazione di cani randagi e rinselvatichiti nel nostro territorio urbano e rurale". "I cani artefici delle aggressioni – spiega il presidente Francesco Licitra – stando alle testimonianze di chi ha assistito alle aggressioni o ne è stato vittima, sembrano essere cani vaganti o randagi, sono cani che vivono in stretto contatto con l’uomo o addirittura hanno un proprietario. Sembra non si tratta di cani rinselvatichiti che per definizione fuggono alla presenza dell’uomo. Ripetute gravi aggressioni mirate alle persone, succedutesi in breve lasso di tempo, da parte di un gruppo di cani organizzati, come quelle verificatosi a Marina di Modica e a Sampieri costituisce un caso unico in Italia (nel mondo si hanno notizie di non più di tre casi con caratteristiche simili). Le aggressioni da parte di cani che hanno portato a morte una persona si sono consumate a danno del proprietario dell’animale o degli animali, più spesso a danno di suoi familiari qualche volta a danno di persone estranee penetrate all’interno di un recinto nei quali sono tenuti gli animali. Si conoscono casi di aggressioni ad esito mortale da parte di cani vaganti o randagi, ma tali aggressioni hanno costituito dei casi isolati e non si sono ripetute neanche quando i cani aggressori non sono stati catturati. Indubbiamente il contesto nel quale sono maturati i tragici eventi è quello della proliferazione di cani randagi nel nostro territorio a causa di una poco efficace lotta al randagismo. Lotta da attuarsi con misure di prevenzione e di eradicazione. Le colpevoli inadempienze nella lotta al randagismo, come sta emergendo, sono da ricercare sia livello locale (Comuni), sia a livello di istituzioni centrali (Regioni, Stato). Nell’ambito delle inadempienze sono da ricercare le colpe. Sicura colpa a livello locale è quella di non aver mai denunciato con il dovuto vigore e convinzione (cosa che sta avvenendo invece a tragedia consumata) l’assolutamente inadeguata dotazione finanziaria per poter porre argine al problema. Si è invece cercato di fare il possibile con le risorse assegnate, e quando queste non sono state sufficienti si è cercato di approntare delle soluzioni di “fortuna”. Le colpe a livello di regione e a livello centrale è quella di voler attuare una legislazione che prevede il non abbattimento dei cani randagi catturati e non reclamati da alcun proprietario, scelta che noi condividiamo dal punto di vista etico e di progresso civile, (anche se unica nei paesi europei e forse in tutto il mondo occidentale) ma per la quale occorre una mobilitazione di risorse finanziarie enorme. Al posto di cercare inadempienze da parte delle istituzioni locali, collusioni di tipo malavitoso da parte di chi gestisce i canili presenti nella nostra provincia, (oltraggiosa calunnia, che si aggiunge al danno economico che queste persone subiscono non ricevendo puntuale pagamento dei servizi resi ai comuni), chi rappresenta le istituzioni, nonché tutti i cittadini a prescindere dalla loro sensibilità, avrebbe il dovere di riflettere serenamente sulle motivazioni etiche ed ideologiche che hanno portato alle attuali leggi di lotta al randagismo, e prendere in seria considerazione l’eventualità di rivederle, nell’impossibilità di reperire risorse adeguate per attuarle. Un ultimo appunto a tutti i cittadini della nostra provincia: il randagismo non è un problema che nasce e cresce spontaneamente. E’ causato dal continuo abbandono di cani da parte di cittadini. Si amplifica grazie alla possibilità che questi cani hanno di alimentarsi adeguatamente grazie al cibo offerto volontariamente dalle persone o reperito nei cassonetti della spazzatura o in discariche abusive. Basterebbe che i nostri cittadini più incivili si ravvedessero e non abbandonassero gli animali, non gli offrissero cibo, e avessero cura della pulizia del territorio: il problema randagi si estinguerebbe senza alcun costo per la collettività. Forse è solo un sogno ma i sogni si possono anche avverare. Stante la necessità di concordare i piani d’intervento con le autorità competenti – prosegue Licitra -, al fine di raggiungere nel più breve tempo possibile la risoluzione o quanto meno la gestione del problema randagismo, che sta alla base degli incresciosi eventi accaduti, l’Ordine dei medici veterinari di Ragusa auspica, per il futuro, una maggiore rilevanza al ruolo della categoria, quale unica referente sulle questioni riguardanti il rapporto uomo-animale. Ciò al fine di incrementare la presenza sul territorio di figure specializzate e istituire centri d’assistenza, fruibili dai possessori di cani, finalizzati alla risoluzione delle problematiche riguardanti tutte le sfere del rapporto uomo animale: da quelle strettamente sanitarie, a quelle gestionali, sociali e di convivenza. L’Ordine di Ragusa, fiducioso nella collaborazione delle autorità sottolinea altresì l’importanza di affiancare al servizio di anagrafe canina un aumento dei controlli sul territorio, con l’applicazione delle ammende previste. A oggi infine – conclude il presidente dei veterinari -, a fronte della grave emergenza, i medici veterinari di Ragusa si stanno impegnando fattivamente per il recupero, la cattura, e il ricovero di tutti i cani ritenuti pericolosi o comunque da valutare, con lo scopo di risolvere la crisi, garantire la sicurezza del territorio, studiare e valutare i soggetti in questione, per stabilire i provvedimenti da adottare creando spunti di ricerca per garantire la salute pubblica nel rispetto del benessere animale".
L’ORDINE DEI MEDICI VETERINARI DI RAGUSA DIFENDE LA CATEGORIA: “QUEI CANI AVEVANO UN PADRONE”.
- Marzo 31, 2009
- 7:49 pm
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