Infrastrutture, energia alternativa, ricerca tecnologica e innovazione: questi i punti qualificanti del programma di Concetta Vindigni, candidata UDC al Parlamento Europeo

“I dati Istat sul primo trimestre 2009 dicono che la crisi avanza con un’incidenza maggiore nel sud e nelle isole. Il sistema di piccole e medie imprese che costituiva la spina dorsale del “modello Ragusa” si è piegato sotto il peso della crisi. Le famiglie sono sempre più in difficoltà. E i giovani sono senza un lavoro. Da qui bisogna partire per dare un senso al mio impegno politico in Europa”. Queste le riflessioni di Concetta Vindigni, l’unico candidato ibleo alle elezioni europee, peraltro in posizione utile per l’elezione all’Europarlamento, in questi giorni di confronto con l’elettorato. “La situazione dell’economia ragusana e siciliana – continua la Vindigni – è critica, ma non è disperata. La complessità delle sfide poste dalla competizione internazionale, però, non ammette più indugi o incertezze. Non è possibile che i fondi europei restino inutilizzati, quando invece ogni euro dovrebbe essere speso per rilanciare l’economia. I fondi europei rappresentano l’ultimo treno per promuovere lo sviluppo e l’adeguamento infrastrutturale della nostra regione. La programmazione 2007-2013 sarà l’ultima perché la Sicilia uscirà dall’obiettivo 1. Non potrà più beneficare dei fondi strutturali. Recentemente, l’onorevole Orazio Ragusa ricordava le difficoltà che incontrano all’Ars le leggi che intendono utilizzare fondi europei per la mancanza di un collegamento con l’Europa. Non è un caso che abbia scelto lo slogan “L’Europa a portata di mano” per la mia campagna elettorale. Alla nostra provincia, alla Sicilia, serve un rappresentante istituzionale a Bruxelles che dia voce ai ragusani, ai siciliani, che conosca i problemi ma anche le risorse e le potenzialità di questa terra. I fondi europei, in questo senso, ci forniscono i mezzi per rilanciare la nostra economia, per completare, qualificare e potenziare le reti di trasporto, ferroviario, stradale, portuale, per garantire una migliore circolazione di uomini e merci, per migliorare la competitività delle nostre imprese, visto che la posizione periferica rispetto all’Europa ci penalizza. Naturalmente c’è la questione del porto di Pozzallo, che già ora movimenta uomini e merci per svariati miliardi di euro. Ma potrebbe fare molto di più, se la struttura fosse completata e affidata a un ente gestore. Il 2010 è alle porte e se non si agisce in fretta si rischia di compromettere gli investimenti già realizzati in vista dell’apertura dell’area di libero scambio. Accanto ai trasporti, c’è il problema delle risorse energetiche. Da qualche settimana si torna a parlare, con comprensibile preoccupazione, di nucleare in provincia di Ragusa quando l’Europa, invece, promuove e sostiene economicamente un modello di sviluppo sostenibile, basato sulle fonti di energia alternativa e rinnovabile e sulle tecnologie “pulite”, sulla valorizzazione delle risorse culturali, paesaggistiche e ambientali, purtroppo sottoutilizzate. Diversificazione dell’offerta, destagionalizzazione dei flussi, valorizzazione integrata delle risorse territoriali, creazione di “poli culturali”, promozione delle aree ad alta naturalità, valorizzazione delle risorse umane e dei meccanismi di commercializzazione e marketing, ricerca e innovazione, sono i temi sui quali bisogna lavorare. Uno studio della Comunità Europea afferma che il 25% della crescita del PIL e il 40% della crescita della produttività nell’ambito dell’Unione Europea dipendono dagli investimenti nel settore della ricerca e delle tecnologie informatiche. Occorre, dunque, anche in Sicilia favorire la costituzione e la crescita di distretti tecnologici, consorzi di imprese e le strutture di ricerca, partenariati e network di respiro europeo e internazionale, in modo da trasferire i saperi tecnologici alle aziende per ciò che concerne la produttività, l’organizzazione, la sostenibilità ambientale. Il che si tradurrebbe in nuovi posti di lavoro qualificato per i giovani, crescente automazione, riduzione dei costi, maggiore competitività delle nostre imprese. Quanto all’agricoltura, la ricetta per uscire dalla crisi è puntare sulla competitività, sulla qualità dei prodotti, sull’innovazione. Gli strumenti li fornisce il Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 (PSR) che assegna un budget di 2,1 miliardi di euro di risorse pubbliche (di cui 1,2 comunitarie), destinate alla formazione professionale, alle nuove tecnologie, alle infrastrutture, alla cooperazione tra imprese e enti di ricerca, al credito agevolato, alla diversificazione dell’economia rurale. Somme, queste, finora spese solo in minima parte. Ecco perché serve un filo diretto con l’Europa. Per dare a questa terra tutte le risposte che attende da tempo”.

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