CANI KILLER. Il papà del piccolo Giuseppe Brafa: “Quattro mesi dopo, un altro bimbo sbranato. Provo rabbia”

“Non doveva succedere a mio figlio Giuseppe, non doveva succedere a Marya, la ragazza tedesca rimasta per sempre sfigurata al volto, non doveva succedere a questo nuovo Giuseppe. Chiedo: Quanti altri Giuseppe dovranno morire perché il problema del randagismo sia risolto in Sicilia?” C’è grande dignità e compostezza nelle parole di Giovanni Brafa, il papà del piccolo Giuseppe, ucciso dai cani di Sampieri il 15 marzo scorso. E’ al lavoro, a Ragusa, si ferma qualche minuto, ed esordisce: “La morte del piccolo Giuseppe Azzarelli, più piccolo di tre anni di mio figlio, dimostra che il problema del randagismo e della sicurezza dai cani aggressivi non è stato debitamente affrontato. La questione è stata presa sottogamba”. Come spesso accade in Italia, superato lo choc della notizia, un’altra emergenza, un altro caso toglie spazio alla cronaca del giorno prima e le priorità, nell’agenda politica, diventano altre. “Conosco le stazioni del Calvario che i genitori del povero Giuseppe Azzarelli dovranno affrontare, ne conosco le cadute, la disperazione. Sono vicino alla famiglia di questo bambino, cui la sorte ha accomunato nome e destino al mio Giuseppe”. Nel giorno della notizia della domiciliazione, da parte della Procura della Repubblica di Modica, di diciannove avvisi di garanzia per la morte di Giuseppe Brafa e il ferimento della turista tedesca, Giovanni Brafa non commenta: “Non ho niente da dire. Ho fiducia nella giustizia. Non mi intendo di cose di legge. Niente e nessuno potranno restituirmi mio figlio. Questo so, e questo dico. Vorrei che si capisse che il problema del randagismo non è un fatto privato. La morte di mio figlio, di Giuseppe Azzarelli non sono fatti privati. C’è un problema di prevenzione e di tutela dal randagismo in Sicilia, che rischia di avere ripercussioni nella vita dei cittadini. Non possiamo essere fatalisti. Non c’è fatalità in quello che accade, c’è solo distrazione, incuria, incapacità di prendere nella dovuta considerazione i problemi”.

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