CORTE D’ASSISE SIRACUSA. IL PIEMME CHIEDE DERUBRICAZIONE REATO E CONDANNA A 4 ANNI PER LO SCICLITANO ADRIEN BALLESTRA, L’OMICIDA DELLA COMPAGNA

il pubblico ministero si adegua alla linea sostenuta sin dall’inizio dalla difesa secondo la quale Adrien Ballestra e la compagna, Elisa Riccio, residenti a Scicli avevano deciso di suicidarsi. Ieri è stata conclusa la requisitoria della pubblica accusa del processo in corso davanti alla Corte d’Assise di Siracusa contro Hilaire Adrien Ballestra, 65 anni, conosciuto a Scicli come Ilario, francese di origine, difeso dall’avvocato Bartolo Iacono, accusato dell’omicidio della Riccio, 85 anni, uccisa a Donnalucata, soffocandola con un cuscino, il 31 luglio 2008, e con la quale viveva da 45 anni. Il piemme ha concluso chiedendo la derubricazione del reato di omicidio volontario in omicidio del consenziente per il quale ha chiesto la condanna a quattro anni di reclusione. L’uomo è, allo stato, rinchiuso nel carcere di Messina. Il prossimo 10 ottobre è prevista l’arringa dell’avvocato Iacono e la sentenza. Per la cronaca, i giudici avevano nominato un grafologo il quale aveva stabilito che i biglietti trovati dagli inquirenti che preannunciavano il progetto suicidiale di Elisa Riccio sono stati scritti dalla mano di quest’ultima come del resto già l’ex comandante della stazione carabinieri di Donnalucata, aveva confermato che nel periodo in cui dirigeva l’ufficio, i due avevano tentato il doppio suicidio. Ballestra aveva raccontato ai carabinieri di un accordo secondo il quale dopo avere ucciso la donna avrebbe dovuto suicidarsi a sua volta, cosa che non gli riuscì, probabilmente per mancanza di coraggio. Aveva tentato di tagliarsi le vene ma non c’era riuscito. Era stato lui stesso a chiamare i carabinieri. La perizia calligrafica è stata effettuata su alcuni appunti scritti dalla donna che sono stati confrontati con la calligrafia su prove rinvenute dopo l’arresto dell’uomo con le quale la Riccio confermerebbe la decisione unanime di togliersi la vita entrambi per l’impossibilità ad andare avanti per via della vita di stenti che sopportavano.