Ragusa: Alla ricerca di una nuova cultura educativa. Alessandra Farneti tiene giovedì pomeriggio un workshop sulla clowneria

La clowneria, come metodo educativo, si sta sperimentando con successo in molte scuole anche con soggetti diversamente abili. Le antiche radici dell’arte del clown hanno portato allo sviluppo di una sorta di “filosofia” o “approccio alla realtà” che fa di questa maschera una metafora interessante, atta ad introdurre nella scuola un metodo innovativo e “rivoluzionario”, volto soprattutto a sviluppare la creatività e a rinforzare l’identità di docenti e studenti. E’ Alessandra Farneti, ordinario di Psicologia dello sviluppo della Libera Università di Bolzano, uno dei massimi esperti del campo, ad affermarlo. Accompagnata dal clown Andrè da Silva, la professoressa Farneti terrà, giovedì pomeriggio, a partire dalle 16, uno dei due workshop pre-convegno organizzati dalla cooperativa Cos in occasione dell’appuntamento dal titolo “Arte del vivere, tra etica e creatività…quando educare è un piacere” che proseguirà, poi, anche il giorno successivo a Villa Di Pasquale, a Ragusa. “Nella scuola, salvo rare eccezioni – chiarisce la professoressa Farneti – i valori dominanti sono: il controllo e l’autocontrollo, la serietà, la razionalità e la logica (a scapito del pensiero divergente e della creatività), il linguaggio verbale, la pesantezza dei compiti (come addestramento alla sofferenza: prima il dovere e poi il piacere). Infine, si dà poca importanza alla felicità. Ai bambini si dice: “Devi essere un bambino ubbidiente, bravo, coscienzioso, serio” ma difficilmente: “Fai di tutto per essere felice”. “A giudicare dalla gioia che provocano le vacanze – aggiunge Farneti – se chiedessimo ai bambini e ai ragazzi di associare alla parola scuola altre parole, sono quasi certa che ben pochi indicherebbero il divertimento, la novità, la curiosità. Temo piuttosto che la scuola evochi parole come dovere, noia, costrizione. D’altra parte, sia la fatiscenza di molti edifici, sia la ripetitività di gesti e parole ormai stantii da parte di molti insegnanti, sembrano dar ragione a chi sostiene che l’unico luogo in cui si potrebbe rifugiare un uomo dell’ottocento tornato in vita sarebbe la scuola, perché lì niente è cambiato, tutto continua nello stesso modo da generazioni e generazioni. Accostare la figura del clown ad una scuola di questo tipo apparirà ai più come un’eresia. Da diversi anni mi occupo di formazione dei clown in ambito universitario e, attraverso osservazioni e ricerche, mi sono convinta che il clown possa avere un ruolo importante nella scuola”. I principi educativi e le metodologie di intervento della clowneria la professoressa Farneti li illustrerà in occasione del workshop di giovedì pomeriggio. Cooperativa Cos Ragusa – 27 ottobre 2009

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