SI SVEGLIA MENTRE E’ SOTTOPOSTO AD INTERVENTO CHIRURGICO. DISAVVENTURA DI UN BAMBINO ALBANESE

Mentre era sotto i ferri si è svegliato. Il medico che lo stava operando per una banale appendicite, si era allontanato per un caffè. Le infermiere hanno richiamato il chirurgo d’urgenza e il medico, per riaddormentare il paziente, gli ha somministrato una dose eccessiva di anestetico, talmente potente da procuragli un coma e in seguito da provocargli danni alla vista e alle facoltà motorie. Vittima di questo incredibile caso di malasanità, accaduto in Albania un anno e mezzo fa, Martinin Turtulli, oggi diciannovenne e residente a Ragusa. Suo padre vive e lavora nel capoluogo ibleo e sei mesi, fa, tramite un visto di carattere umanitario, è riuscito a portare in Sicilia anche il figlio. Martinin è già stato sottoposto a svariati interventi chirurgici, sia a Padova che a San Giovanni Rotondo e a Ragusa. Tutte le operazioni sono state finalizzate a cercare di riparare i danni di quella operazione, che doveva essere semplicissima, e che invece gli ha cambiato per sempre la vita. "Ho perso la vista parzialmente, non riesco più a leggere, ho una paresi parziale alle mani e ai piedi", dice Martinin, che conosce ancora poco la lingua italiana. Il ragazzo mostra le sue cicatrici, quella all’addome per l’appendicite e quelle al collo, su cui sono intervenuti successivamente i chirurghi italiani per cercare di rimetterlo in sesto. Adesso il ragazzo combatte una doppia battaglia. Oltre a cercare di riabilitarsi per tentare di avere una vita il più normale possibile, Martinin sta anche cercando di avere il permesso di soggiorno. "Grazie all’aiuto di Irene Chessari sto presentando tutta la pratica in Questura", dice il giovane albanese, "ho necessità di restare qui in Italia, devo sottopormi ad altri interventi agli occhi per cercare di recuperare parte della vista che ho perso". C’è anche il sogno, nonostante tutte le disgrazie vissute, di poter magari restare a studiare qui a Ragusa, trovare un lavoro. Insomma cercare di condurre una vita normale, non da disabile, ma da persona autonoma. Ma questo è un obiettivo difficile da raggiungere tanto quanto quello di conquistare di nuovo l’autonomia fisica. "Per adesso mi basta ottenere il permesso e restare con mio padre", dice Martinin, "qui abbiamo anche l’aiuto di un cugino che ci sta sostenendo. Spero che un giorno possa raggiungerci mia madre".

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