Ddl popolare per l’acqua pubblica. All’Ars sit in di centinaia di amministratori comunali di tutta la Sicilia contro la privatizzazione. In prima linea anche un prete di Menfi con una pistola giocattolo

PALERMO – Sindaci, assessori e consiglieri comunali in rappresentanza di circa 100 comuni siciliani hanno manifestato di fronte l’Assemblea regionale siciliana per dire "no" alla privatizzazione delle reti idriche. Insieme a loro anche i rappresentanti di alcuni comitati cittadini. Tutti chiedono l’approvazione di un disegno di legge all’Ars per la "ripubblicizzazione" delle reti, e chiedono al presidente della Regione di ricorrere contro il decreto Ronchi, recentemente approvato dal Parlamento nazionale, che di fatto facilita la privatizzazione dell’acqua, permettendo di conferire a ditte esterne tutti i servizi pubblici locali. Il prossimo 4 dicembre i consigli comunali delle amministrazioni che si oppongono alla privatizzazione delle reti idriche si riuniranno in contemporanea per avviare la procedura di presentazione di un disegno di legge di iniziativa popolare all’Ars, che prevede il ritorno alla gestione pubblica delle reti idriche in Sicilia.
LA LEGGE E’ FERMA ALL’ARS. Attualmente all’Ars è depositato un disegno di legge che chiede il ritorno alla gestione pubblica delle risorse. Il ddl, che su iniziativa delle amministrazioni comunali dovrebbe essere ‘trasfromato’ in testo di iniziativa popolare, parte dal presupposto che sebbene l’acqua continui ad essere considerata bene pubblico, "la privatizzazione della gestione e delle reti idriche, di fatto, la trasforma in una risorsa sulla quale i privati possono lucrare". Altra questione di attualità è legata alla recente approvazione da parte del parlamento nazionale del ‘decreto Ronchi’, che prevede la liberalizzazione dei servizi pubblici locali da parte dei comuni, fra questi anche l’acqua. Chi si oppone alla privatizzazione chiede che la Regione, forte oltretutto della propria autonomia legislativa, debba ricorrere presso la Corte Costituzionale contro il decreto, come hanno già annunciato altre regioni.
IL PRETE CON LA PISTOLA. In prima linea nella lotta contro la privatizzazione dell’anche padre Saverio Catanzaro, parroco della Chiesa Madre a Menfi (Ag) che ha sfila con una pistola ad acqua. "Lo dice il Vangelo, non è giusto fare affari sulla povera gente: fedeli, cittadini, munitevi di una pistola ad acqua e resistete a questo sopruso". "La pistola ad acqua è una provocazione – prosegue – ma anche un simbolo per chi vuol resistere pacificamente di fronte ad una ingiustizia. L’acqua è un bene per la vita e sulla vita nessuno deve metter le mani. La privatizzazione, dove c’è stata, ha portato arricchimento per pochi e disagi per tanti. Qualcuno dice che è l’affare del secolo, forse è vero. Io ascolto la gente, e la gente è contraria alla privatizzazione". Quando al comune di Menfi, nei mesi scorsi, è arrivata la richiesta di consegna delle reti idriche, le campane della Chiesa Madre hanno suonato a morte. "Era la morte della democrazia", conclude padre Catanzaro.
I SINDACI. "Il nostro obiettivo – dice Rosario Gallo, sindaco di Palma di Montechiaro (Ag) – è fare arrivare al parlamento regionale un testo forte, supportato da una decisa e chiara volontà popolare. Serve l’approvazione di almeno 40 consigli comunali che rappresentino una popolazione di 400 mila persone. Ma parallelamente intendiamo avviare anche la raccolta di firme, servono 10 mila adesioni". Il disegno di legge, intanto, è già stato depositato all’Ars dal deputato regionale del Pd Giovanni Panepinto, che è anche sindaco di Bivona (Ag). "In questo modo – aggiunge Gallo – abbiamo anticipato i tempi". "Portiamo avanti questa battaglia – dice Michele Botta, sindaco di Menfi (Ag) – perchè che lo chiedono i cittadini. Basta andare nei comuni vicini, dove il servizio è già stato privatizzato, per rendersi conto che la realtà è sconfortante. Le tariffe sono aumentate e i servizi sono peggiorati, se c’è un guasto gli interventi sono effettuati in media dopo 10 o 15 giorni".

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