Lavoro sommerso, Confagricoltura: “Nell’area iblea fenomeno da estirpare per evitare concorrenza sleale”

gambuzza-sandroIl fenomeno del lavoro sommerso rappresenta un problema per lo Stato, per i lavoratori e anche per le imprese agricole in regola. Le aziende che adempiono puntualmente agli obblighi burocratici ed economici connessi ai rapporti di lavoro dipendente si trovano costrette a competere con aziende “sommerse”, che operano con costi di produzione notevolmente inferiori.
E’ quanto rileva Confagricoltura Ragusa a proposito di una realtà che rischia di diventare dilagante. L’organizzazione degli imprenditori agricoli ribadisce la propria assoluta contrarietà verso ogni forma di lavoro sommerso: lo testimoniano, tra l’altro, sia il costante impegno di concertazione, contrattazione e monitoraggio svolta con le organizzazioni sindacali della provincia, sia la puntuale opera di informazione nei confronti delle imprese agricole, tutte azioni volte, in pratica, a contrastare tale preoccupante fenomeno oltre che a garantire un salario adeguato ai lavoratori, nell’ottica della salvaguardia dei livelli occupazionali. “Purtroppo – dice il presidente provinciale di Confagricoltura, Sandro Gambuzza – i recenti fatti di cronaca dimostrano che in alcuni territori agricoli non si è ancora fatto abbastanza per arginare il lavoro sommerso che spesso, in alcune realtà territoriali, si innesta in altre situazioni di conclamata illegalità, come l’immigrazione clandestina ed il caporalato. Tale stato di cose dimostra quanto paventato da qualche anno da Confagricoltura Ragusa, ossia che nelle realtà in cui maggiore è lo sforzo delle parti sociali e delle aziende per la difesa del lavoro onesto, vero, legale, in regola e negoziato, tanto maggiore ed agevole risulta l’“agibilità” da parte degli organi di controllo quale per esempio il servizio di vigilanza dell’Inps”.
Gambuzza sottolinea che “gli interventi a macchia di leopardo di taluni servizi di controllo finiscono per arrecare, lasciando scoperti altri ampi territori del Meridione, un duplice danno al tessuto delle imprese che agiscono alla luce del sole nel territorio ragusano: queste da un lato vengono violentate da continue verbalizzazioni spesso incoerenti con la direttiva emanata nel 2008 dal ministro Sacconi che mira a superare gli approcci formali e burocratici, indirizzando le ispezioni verso l’accertamento di omissioni di carattere sostanziale, e dall’altro finiscono per subire una pesante concorrenza da parte di aziende “sommerse”, i cui costi di produzione sono notevolmente inferiori”.
Confagricoltura afferma, inoltre, di essere fermamente convinta che “la difficile situazione del settore agricolo – che indubbiamente esiste e che ha comportato una contrazione del reddito – non può giustificare in alcun caso lo sfruttamento dei lavoratori e che l’azione ispettiva vada concentrata in modo particolare verso le aziende che occupano lavoratori in nero e che operano al di fuori di ogni regola anche al fine di tutelare la concorrenza tra aziende e territori”.

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