OTTIMISMO, PESSIMISMO, REALISMO. La riflessione di Giombattista Ballarò

Da tanti mesi,da quando a giudizio di chi ci governa, il peggio della crisi che ha investito il mondo è ormai alle spalle, non passa giorno che i mezzi d’informazione, molti dei quali opportunamente “addestrati”, non trattino l’argomento, supportati da autorevoli pareri di economisti, da famosi istituti, per suggerire che alla luce dei nuovi dati che emergono in campo economico, non si può che essere ottimisti in quanto il nostro Paese ha superato prima e meglio di altri gli effetti della crisi importata dagli Stati Uniti.
Altri annunci meno eclatanti e meno numerosi,ma di segno opposto, ci vengono propinati da chi dovrebe opporsi a chi governa, suggerendo alla popolazione un doveroso pessimismo, posto che l’azione di governo risulta insufficiente, parziale ed in molti casi inesistente, soprattutto laddove l’azione avrebbe dovuto essere più consistente ed incisiva al fine di scongiurare il tracollo delle tante piccole imprese che hanno maggiori difficoltà nell’ottenimento del credito da parte di banche “sorde” alla canzone cantata dal Governo e verso le categorie di cittadini meno abbienti che per ovvie ragioni sono i più vulnerabili. Tra l’ottimismo esagerato degli uni ed il pessimismo consono al ruolo degli altri, s’inserisce l’oggettivo realismo dei cittadini, che al di là delle chiacchiere, quotidianamente devono fare i conti con pensioni da 400 euro al mese, con perdite del posto di lavoro perchè le aziende continuano ed in
qualche caso iniziano proprio ora a sentire gli effetti della crisi, perchè fin qui hanno raschiato i loro fondi e quelli dei loro familiari.
Tante attività commerciali chiudono, determinando ulteriore disoccupazione e mancanza di prospettiva, ma questa realtà evidentemente non viene considerata ai fini degli annunci volti ad inculcare ottimismo.
Personalmente, forse perchè da tempo disamorato della politica, ritengo che la verità risieda nei realisti che prescindendo da interessi di bottega o da analisi di eminenti economisti, vivono sulla loro pelle, giorno dopo giorno, la condizione di sopravvivere a pane e acqua, farsi mantenere dai genitori, seppure con pensioni da fame, o sentirsi finiti a quaranta o cinquant’anni, perchè privati della prospettiva fondamentale per l’uomo, così come sancito dall’articolo 1 della Costituzione: il lavoro.
Credo altresì che il cittadino non abbia bisogno nè di iniezioni di ottimismo, nè di pessimismo, ma d’una maggiore obiettività sia da
parte di chi governa che da chi sta all’opposizione e soprattutto meno chiacchiere da tutti e reale fattività in direzione dei meno fortunati, che da sempre oltre a subire gli schiaffi dalla vita, li debbono sopportare anche dalle Istituzioni.

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