IL CASO RAGUSA NEL TERZO RAPPORTO DELLA UIL

A livello provinciale, a Ragusa, ogni 100 lavoratori dipendenti, 33 hanno un contratto flessibile; la Provincia che ha la percentuale più alta di lavoratori con contratto a tempo determinato è Ragusa dove, ogni 100 lavoratori dipendenti, 30 sono a tempo determinato. Dal 2008 al 2009, persi oltre mille posti lavoro nella nostra provincia. Ventisettemila lavoratori in nero, per un fatturato sommerso (sottratto ad ogni tipo di tassazione) di oltre 1 Miliardo e 200 ML di euro, rappresentano il disagio territoriale di una realtà, quella ragusana, che alla prova dei numeri si rivela invisibile. Il lavoro irregolare, sta a segnalare come questo fenomeno sia ormai, purtroppo, parte integrante del nostro sistema produttivo e, quindi, del mercato del lavoro. Per valutare la sua diffusione, l’analisi della UIl ha incrociato più parametri: occupati, pil, pil pro-capite, dichiarazioni dei redditi di lavoratori autonomi e dipendenti, la ricchezza delle famiglie. Emerge un tasso di irregolarità altissimo, ormai fenomeno patologico vero e proprio, che non è circoscritto solo alle aree più deboli del Paese, ma il dato di Ragusa è di per sé inquietante. L’indagine integra i dati sul lavoro con quelli della Cassa integrazione che la Uil ha analizzato sia dal punto di vista quantitativo (ore autorizzate, impatto territoriale) che qualitativo (cassa ordinaria, straordinaria e deroga) stimando, a livello provinciale, per quel che ci riguarda, il numero delle persone coinvolte.
Ne esce uno spaccato significativo, soprattutto se rapportato al numero dei lavoratori dipendenti, con contratto a tempo indeterminato e determinato del nostro territorio. Se a livello nazionale, su 100 lavoratori dipendenti (pubblici e privati) 3 sono stati, nel 2009, in cassa integrazione a zero ore, a Ragusa, abbiamo toccato punte di 6 lavoratori su 100 in Cigo-Cigs.
La crisi ha pesato, come ampiamente previsto, sui lavoratori e le lavoratrici deboli: il lavoro a termine, nelle sue varie articolazioni di flessibilità in provincia registra un meno 2.000 risorse, o più semplicemente, a 2.000 precari non è stato rinnovato il contratto. “Tiene” il numero di lavoratori assunti con contratto (più) stabile, tipico.
Occorre dunque allargare le forme di tutela per la fascia più indifesa del mercato del lavoro, è necessario e si dovrà partire da forme incentivanti per le imprese (credito d’imposta occupazione) evitando, nel contempo, di scaricare solo sul sussidio di disoccupazione (anche esteso), il peso del sostegno al reddito di questi numerosissimi lavoratori. Contemporaneamente, occorre evitare con ogni mezzo e da subito, di alimentare il bacino del lavoro debole, valorizzando e incentivando tipologie flessibili, ma virtuose, come l’apprendistato, il contratto d’inserimento e lo stesso lavoro in somministrazione, integrando l’azione contrattuale delle parti con interventi normativi e finanziari. E’ necessario dare incentivi alle imprese che assumono persone che sono state espulse dal mercato del lavoro. Occorre scrivere un nuovo patto territoriale, poiché è cambiato il lavoro, per qualità e quantità in provincia di Ragusa, così come in Italia, e i dati appena analizzati sono l’istantanea patinata di un territorio che arranca nell’emorragia di migliaia di posti di lavori perduti, forse, per sempre.

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