La partita relativa alla classificazione dell’aeroporto di Comiso è aperta, anzi, apertissima e queste sono ore decisive per il futuro di quella che oggi viene considerata la più grande opportunità per la provincia di Ragusa e chissà fra quando se ne verificherà un’altra simile. E’ quanto dichiara l’onorevole Pippo Di Giacomo. Nessuno canti vittoria, perché se lo stato non prenderà impegni ben definiti nei modi e nei tempi, il presidente Lombardo o chi per lui non firmerà proprio un bel nulla.
La vicenda, spiega Di Giacomo, si è semplificata parecchio, adesso, e ci si aspetta dallo stato un segnale non “antimeridionalista”: si faccia per Comiso quel che si fa per tutti gli altri aeroporti italiani di secondo livello e anche di terzo livello (e già, perché lo stato paga le spese anche a quelli di terzo livello).
Quindi è sbagliatissimo disunirsi attorno a questo concetto e dire “andiamo avanti un po’, poi si vedrà”: significa svendersi e fare letteralmente scappare il socio privato INTERSAC che in un clima d’incertezza non vorrà investire neanche un euro rispetto ai 22 milioni pronti da impiegare e impiegati. Anzi, li richiederà indietro con i dovuti interessi.
A meno che qualcuno non abbia in mente proprio questo, scoraggiare il socio privato, farlo scappare, e poi con una gara semi-truccata all’italiana, affidarlo a qualche lobby, magari facendosi rifare un bell’appartamento in centro. Sarebbe la fine, Comiso non aprirebbe per i prossimi tre anni.
Invece sono certo, afferma Di Giacomo, che a breve si dimostrerà che così non è, che non c’è puzza di malaffare in giro, che l’aeroporto continua a essere una bella vicenda siciliana, pulita, onesta, dove non c’è stato un avviso di garanzia, dove il tutto è stato protetto da un protocollo di legalità antimafia e le gare sono state di livello europeo, presidente Severino Santiapichi. Adesso il governo faccia il proprio dovere fino in fondo.
Tutti uniti, dunque, a difesa dei nostri interessi sani ed equi, occhi sgranati perché si stava commettendo una grande leggerezza a firmare quel primo protocollo nonostante la deputazione iblea avesse fatto un buon lavoro, a Roma come a Palermo. Veramente da “provincia babba”, ma noi dimostreremo che non lo siamo.