“ARCHEOLOGIA SOTTO LE STELLE”. L’ARCHEOLOGO GIOVANNI DISTEFANO IERI SERA HA ILLUSTRATO I RISULTATI DI ALCUNE RICERCHE SU MATRIMONI INDIGENI PER I GRECI DI CAMARINA

Non sempre vale il vecchio detto “Mogli e buoi dei paesi tuoi”. Almeno non per i greci di Camarina che si sono trasferiti in questo lembo di Sicilia e che hanno sposato donne indigene. Matrimoni che sono aumenti in termini percentuali per i greci di seconda e terza generazione che si sono spostati lentamente da Camarina, verso l’entroterra, in contrada Riso, non molto lontano dall’attuale barocca Ragusa Ibla. Lo ha confermato ieri sera, nel secondo appuntamento di “Archeologia sotto le stelle” al castello di Donnafugata, l’archeologo Giovanni Distefano che ha illustrato alcuni importanti studi effettuati su undici tombe trovate nell’area destinata a necropoli nell’antica colonia greca, in contrada Rifriscolaro. Un tema affascinante, quello dei matrimoni indigeni, a cui si è risaliti indagando sulle modalità con cui si sono composti i gruppi familiari. L’archeologo, proseguendo assieme alla sua equipe gli studi della Pelagatti, si è chiesto se i greci che arrivarono da Corinto erano solo uomini o se vi erano anche donne e bambini al seguito. In alcuni casi ci furono interi gruppi familiari che si spostarono ma in altri casi a Camarina si celebrarono non pochi matrimoni indigeni. Le testimonianze arrivano proprio dallo studio delle tombe in quanto, come ha spiegato l’archeologo Distefano, in alcune di esse sono state trovate suppellettili, anfore e brocche, di chiara manifattura siciliana, con stili ben lontani da quelli greci. Si trattava spesso di anfore portate in dote dalla donna che dunque, presumibilmente, doveva essere indigena potendo disporre delle creazioni degli artisti e dei fabbricanti locali. Corredi ceramici risalenti al VI secolo a.C. oltre ad altri oggetti posseduti in vita da queste donne e donati a volte ai propri mariti greci. In molte anfore, alcune delle quali con sopra dei tappi, sono stati rinvenuti gli scheletri degli infanti. Le anfore, ancorché di fattura siciliana (alcune di esse provengono dalla zona dell’agrigentino) sono state infatti usate per le inumazioni alla greca, tipiche di quel periodo. Il dott. Distefano ha annunciato che a breve si tornerà ad effettuare nuovi rilievi e nuovi studi sulle tombe e sugli oggetti rinvenuti. L’iniziativa, organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Ragusa, in collaborazione con MediaLive e con l’Assessorato regionale ai Beni Culturali e Identità Siciliana – Area Soprintendenza di Ragusa, ha visto un centinaio di partecipanti a cui è stato offerto un rinfresco. Prossimo appuntamento per giorno 10 settembre sempre al castello di Donnafugata

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