La legge 186/2003 ha sostanzialmente cambiato (ovviamente in meglio) lo stato giuridico dei docenti di religione, principalmente per due motivi: 1) ha trasferito il sistema di reclutamento, sia per i docenti di ruolo che per gli incaricati annuali, dall’istituzione scolastica alla Direzione regionale con un organico regionale articolato su base diocesana; 2) ha previsto per il personale di ruolo l’applicazione delle norme di stato giuridico previste dalle disposizioni legislative in materia di istruzione (D.L.vo 297/1994) e dalle norme contrattuali. Per quanto riguarda il primo punto è indubbio che la legge 186/2003, avendo assegnato la competenza delle nomine al Direttore regionale, ha di fatto elevato il livello dell’Intesa da un settore ristretto alla singola istituzione scolastica ad un ambito più ampio che abbraccia tutto il territorio della diocesi. Prima della legge 186/2003 era il singolo Dirigente scolastico a segnalare le disponibilità orarie, adesso invece il Direttore regionale nel costituire le cattedre di religione deve tener conto di tutte le scuole ricadenti nel territorio di ogni singola diocesi. Inoltre prima della legge 186/2003, la nomina d’intesa ovviamente non poteva non riguardare per prassi anche la sede di servizio, essendo il rapporto condiviso tra l’ufficio scolastico diocesano e la singola istituzione scolastica. Adesso, essendo stata assegnata la nomina d’intesa al Direttore regionale, non pare più congrua la prassi precedente che prevedeva anche la scelta della sede di servizio.
Se poi si tiene presente che per la mobilità dei docenti di religione di ruolo si applicano le disposizioni contrattuali, allora diventa ancora più chiaro che il compito di individuare chi voglia o debba spostarsi da una sede all’altra compete al Direttore regionale, il quale dovrà utilizzare i criteri oggettivi stabiliti dal Contratto collettivo e dall’ordinanza ministeriale. Insomma appare chiaro che il docente di religione di ruolo ha il diritto di rimanere nella propria sede di servizio (ovviamente escludendo il caso in cui viene revocata l’idoneità), a meno che non voglia andare su un’altra sede oppure sia costretto a chiedere una nuova sede per contrazione delle ore disponibili. Ed è altrettanto chiaro che la tutela degli eventuali soprannumerari sarà assicurata dalla contrattazione annuale sulle utilizzazioni. I canoni 804 e 805 del Codice di diritto canonico affidano esclusivamente all’Ordinario diocesano il compito di stabilire chi è idoneo ad insegnare religione nelle scuole ricadenti nel territorio della propria diocesi. Appare del tutto evidente che un docente di religione, che sia stato riconosciuto idoneo dal proprio Ordinario diocesano ad impartire l’insegnamento della religione cattolica, è idoneo per tutte le scuole ricadenti nel territorio della Diocesi. Infatti il Codice di diritto canonico (can.804) stabilisce che l’Ordinario diocesano deve rilasciare l’idoneità ad insegnanti che “siano eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica”. Certo può accadere che, come per tutti gli altri docenti, ci siano casi che sconsiglino la permanenza del docente in una determinata sede, e che quindi si attivi da parte dell’Amministrazione il trasferimento per incompatibilità ambientale. Ricordiamo che tale trasferimento non ha natura disciplinare ma cautelare e l’interessato/a dev’essere informato dei fatti e può produrre memorie difensive. Ovviamente tale decisione è sindacabile dal Giudice del lavoro esclusivamente sotto il profilo della logicità e della completezza della motivazione.
I tagli ai posti di lavoro nell’ambito dell’istruzione che hanno colpito i precari delle altre discipline hanno coinvolto anche i precari docenti di religione. In questi due anni c’è stata una riduzione di circa 200 posti nella scuola secondaria, cioè duecento incaricati annuali non hanno avuto il rinnovo del contratto. Invece nella scuola primaria c’è stato un incremento di posti. Pertanto numericamente possiamo dire che coloro che non hanno avuto il rinnovo dell’incarico nella scuola secondaria, hanno avuto la possibilità di essere nominati nella scuola primaria/infanzia. Certo l’aumento dei posti nella scuola primaria/infanzia si è realizzato dove sono state accolte e realizzate le proposte dello Snadir sia nella direzione di favorire la presenza degli specialisti di religione cattolica al fine di ritrovare le ore da dedicare al recupero di gruppo o individualizzato, sia in quella di operare una rigida selezione dei docenti di posto comune disponibili ad impartire l’insegnamento della religione cattolica.
Quest’anno sono stati assunti in ruolo 10.000 docenti (1.680 nell’infanzia, 790 nella primaria, 1.740 nella secondaria di 1° grado, 724 nella secondaria di 2° grado, 8 nelle scuole speciali, 36 personale educativo e 5.022 nel sostegno), ma nessun docente di religione: riteniamo grave questa decisione del Governo di non voler aggiungere un ulteriore contingente per l’immissione in ruolo dei docenti di tale categoria. Riteniamo altrettanto grave la mancata assegnazione alla commissione competente – ad un anno dalla presentazione – del disegno di legge n. 1726 riguardante la trasformazione della graduatoria successiva al concorso in graduatoria ad esaurimento e la mancata predisposizione di nuovi concorsi per l’insegnamento della religione in quelle regioni dove le graduatorie sono esaurite. Una risposta positiva del Governo a queste tre importanti richiesta dei docenti di religione sarebbe stata accolta come una fattiva attenzione nei confronti loro e dell’insegnamento della religione.
Come molti ricorderanno il 15 giugno scorso al Teatro Quirino (sul tema: Perché la scuola deve pagare di più?) la FGU/Snadir, la Cisl scuola, la Uil scuola e lo Snals hanno dovuto mobilitarsi per contrastare il blocco delle fasce di anzianità. L’azione comune con le altre organizzazioni sindacali ha temporaneamente bloccato questa decisione punitiva nei confronti del personale della scuola: infatti il Ministro dell’istruzione ha dichiarato di essere intenzionato ad eliminare gli scatti di anzianità (le fasce stipendiali) e con le somme risparmiate costruire una retribuzione legata al merito; in pratica toglierà a tutti e poi darà un po’ a qualcuno per premiarlo, immiserendo ancora di più una categoria di lavoratori che è tra le più sottopagate in Europa. Occorre, invece, investire di più nella scuola – come hanno compreso bene altri Paesi d’Europa – assicurando il diritto al lavoro e alla qualità del lavoro, affinché tutti i nostri studenti possano raggiungere il successo scolastico.
Riteniamo, quindi, che sia necessario aderire alla giornata di mobilitazione nazionale indetta dalla Federazione Gilda-Unams per il 28 settembre prossimo con assemblee in contemporanea in tutte le città italiane, durante la quale sarà presentata e discussa la motivazione della protesta contro tutte le decisioni (abolizione scatti di anzianità, tagli agli organici, mancato rinnovo del contratto, licenziamento dei precari, …) che stanno mettendo in crisi il sistema scolastico.
Sarà in vigore sempre più la mera regola “chi ce la fa, va avanti, gli altri rimangano indietro per sempre”.
Orazio Ruscica