La norma fondante circa l’insegnamento della religione cattolica in Italia è l’Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929 tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede (ratificato con la legge n. 121 del 1985).
La proposizione di tale Accordo che qui ci interessa afferma che “nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione.”
E’ sempre opportuno quindi precisare che la scelta offerta a studenti e genitori è quella di “avvalersi” dell’insegnamento della religione oppure quella di “non avvalersi”.
Con la sentenza n. 13 del 1991, la Corte Costituzionale aggiunge e precisa che il valore finalistico dello «stato di non obbligo», è di non rendere equivalenti e alternativi l’insegnamento di religione cattolica ed altro impegno scolastico, per non condizionare l’esercizio di una libertà costituzionale come quella religiosa. “Lo «stato di non-obbligo» vale dunque a separare il momento dell’interrogazione di coscienza sulla scelta di libertà di religione o dalla religione, da quello delle libere richieste individuali alla organizzazione scolastica”.
Questo è il motivo per il quale il momento della scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione e quello della eventuale proposta di insegnamenti alternativi sono cronologicamente separati tra loro.
Dal 1986 e fino al 1991 le possibili scelte per chi non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica sono state, anche a seguito di ricorso al giudice amministrativo, via via meglio precisate. Dalle iniziali attività formative alternative e di studio individuale [1] si è passati, a seguito dei due pronunciamenti della Corte Costituzionale[2] , alle seguenti possibili scelte: attività didattiche e formative, attività di studio e/o ricerca individuale con assistenza di personale docente, libera attività di studio e/o ricerca individuale senza assistenza di personale docente[3] , uscita da scuola[4] . La recente sentenza del Consiglio di Stato del 7 maggio scorso[5] si pone nell’ottica della valorizzazione del lavoro degli studenti che si avvalgono dell’insegnamento della religione, che sono la maggioranza, e di riflesso anche del lavoro di coloro che seguono materie alternative o studio individuale assistito.
La programmazione dell’attività didattica e formativa è di competenza[6] degli organi collegiali della scuola: il collegio dei docenti[7] per l’aspetto didattico e il consiglio di circolo o d’istituto per l’aspetto organizzativo. La predisposizione della programmazione delle attività didattiche e formative va effettuata dopo aver sentito gli alunni non avvalentisi e i genitori[8] . E’ bene ricordare, a questo proposito, che tali attività non possono prevedere lo svolgimento di programmi curriculari comuni a tutti gli alunni[9] , poiché in questo caso si verrebbe a creare una discriminazione nei confronti degli alunni avvalentisi dell’insegnamento della religione cattolica.
Pur rimanendo libera la predisposizione delle attività didattiche e formative da parte dei collegi, il Ministero dell’Istruzione ha suggerito in passato alcune possibili attività e recentemente ha richiamato – sulla scia della Sentenza del Consiglio di Stato del 7 maggio scorso – la necessità di assicurare l’ora alternativa all’insegnamento della religione agli alunni interessati[10].
ü Per la scuola dell’infanzia ha soltanto rinviato agli ordinamenti allora in vigore[11] .
ü Per la scuola elementare viene suggerito di approfondire quelle parti di programma “più strettamente attinenti ai valori della vita e della convivenza civile” [12] .
ü Per la scuola media le attività “saranno particolarmente rivolte all’approfondimento di quelle parti dei programmi di storia e di educazione civica più strettamente attinenti alle tematiche relative ai valori fondamentali della vita e della convivenza civile”[13].
ü Infine per la scuola secondaria superiore le attività “saranno particolarmente rivolte all’approfondimento di quelle parti dei programmi, in particolare di storia, di filosofia, di educazione civica, che hanno più stretta attinenza con i documenti del pensiero e dell’esperienza umana”[14].
A questi suggerimenti si aggiunse nel 1987 una proposta di attività didattica e formativa sul tema dei diritti umani[15].
Le attività di studio individuali con o senza assistenza di personale docente richiedono di essere programmate e più che altro organizzate. Infatti sarà necessario introdurre adeguate norme integrative ai singoli regolamenti d’istituto per predisporre[16] adeguati spazi e la necessaria assistenza e vigilanza[17].
Infine la scelta di uscire da scuola esige soltanto che il dirigente scolastico – ai fini della cessazione del dovere di vigilanza – verifichi con documento scritto (mediante firma del genitore per gli alunni minorenni) il subentro delle responsabilità[18].
Il gruppo di alunni che abbia scelto le attività didattiche alternative può essere composto da alunni provenienti da classi parallele o verticali. Il docente che svolge l’attività didattica alternativa può essere nominato anche per un solo alunno. Il personale docente da utilizzare per le attività didattiche alternative è da individuare tra i seguenti docenti:
· Docenti in servizio nella scuola in soprannumero totale o parziale;
· Docenti che devono completare l’orario cattedra, oppure, per la scuola elementare, docenti non disponibili o non idonei ad impartire l’insegnamento della religione cattolica;
· Docenti che hanno dichiarato la propria disponibilità a svolgere tale insegnamento in orario aggiuntivo di servizio (con ore eccedenti);
· Personale docente supplente[19].
Nei primi tre casi i “docenti debbono essere scelti fra quelli della scuola che non insegnano nella classe o nelle classi degli alunni interessati alle attività in parola, atteso che così viene assicurata, per gli alunni avvalentisi e per quelli non avvalentisi, il rispetto del principio della «par condicio»”[20] Il pagamento delle ore di servizio per le attività destinate agli alunni che non si avvalgono all’insegnamento della religione cattolica sono retribuite dal Mef, tramite le Direzioni provinciali dell’economia e finanze fino al 30 giugno di ogni anno scolastico. I provvedimenti di nomina per le “ore eccedenti e i contratti di supplenza, con la specifica del numero delle ore, dovranno esplicitare di non aver potuto coprire tali ore con docenti di ruolo tenuti al completamento di orario e, in caso di supplenza, di non aver potuto provvedere con l’attribuzione di ore eccedenti. I provvedimenti emanati dai Dirigenti Scolastici non necessitano di alcuna autorizzazione da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale o degli Uffici Territoriali, essendo l’attività alternativa prevista per legge, e pertanto le relative ore non devono essere autorizzate in organico come quelle di altre discipline di insegnamento”[21].
Quanto sopra esposto in riferimento alle indicazioni operative per lo svolgimento delle attività alternative all’insegnamento della religione e per il pagamento delle predette attività è stato ripreso con apposite note dai Direttori regionali per la Lombardia[22], l’Emilia Romagna[23] e il Veneto[24]. Gli insegnanti di attività didattica alternativa hanno gli stessi diritti e doveri degli insegnanti di religione cattolica, partecipano alle valutazioni periodiche e finali per gli alunni che hanno scelto l’attività alternativa, e devono fornire “ai docenti della classe elementi conoscitivi sull’interesse manifestato e il profitto raggiunto da ciascun alunno” [25]. Anche per la valutazione si deve riconoscere una omologazione con l’insegnamento della religione cattolica: è bene ricordare che l’attività alternativa e lo studio individuale assistito sono utili ai fini dell’attribuzione del credito scolastico per gli alunni che hanno scelto tale attività. Invece lo studio individuale non è valutabile e non dà luogo all’attribuzione del credito scolastico. Infine è importante segnalare che lo Stato italiano ha assicurato alle comunità religiose non cattoliche “il diritto di rispondere alle eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni”[26] . Tale insegnamento può essere attivato in alternativa all’insegnamento della religione cattolica oppure può essere offerto a tutti gli alunni. Gli oneri finanziari sono però a carico delle comunità religiose.