DOMANI A RAGUSA IL CONVEGNO NAZIONALE “2000-2010, DIECI ANNI DI ACCOGLIENZA”.

Prima assoluta a Ragusa, all’interno del convegno nazionale “2000-2010, dieci anni di accoglienza” che si svolgerà domani pomeriggio dalle 15 a Villa Dipasquale, per il nuovo documentario del regista Vincenzo Cascone, con la realizzazione di Extempora, dedicato al delicato tema delle adozioni internazionali. Il video, dal titolo “10 anni di Accoglienza”, sarà proiettato all’interno di una delle fasi del convegno organizzato dall’associazione La Dimora Onlus che, per l’appunto da dieci anni, si occupa delle adozioni internazionali in sinergia con la Commissione Nazionale Adozioni. Il documentario racconterà tante storie di famiglie che, con supporto de La Dimora, hanno compiuto quell’importante gesto d’amore che ha portato, in un decennio, a dare una famiglia a circa 600 bambini, distribuiti in varie città d’Italia, lasciandosi spesso alle spalle la difficile vita all’interno di un orfanotrofio in Colombia, Bulgaria o Polonia. Lo sguardo attento del regista Cascone, con le riprese di Marcello Bocchieri e Francesco Amato, proporrà gli aspetti più significativi delle storie di queste famiglie, raccolte dalla sociologa Rossella Randone, che metteranno in luce i vari aspetti, dalla fase dell’adozione a quella dell’accoglienza per arrivare a quella successiva dell’integrazione. Passaggi non sempre facili e scontati su cui le varie associazioni del settore, assieme alla Commissione Nazionale Adozioni presieduta dal sottosegretario Giovanardi, stanno lavorando molto da vicino. E nel decennale dell’associazione La Dimora Onlus, il documentario descrive l’esperienza dell’accoglienza, attraverso le testimonianze, le riflessioni, le emozioni di tante persone che hanno vissuto l’adozione internazionale da genitori, figli, operatori. Un racconto corale, di grande intensità, che far vivere le ansie di chi attende, la gioia di chi accoglie ed è accolto, la dedizione di chi segue le pratiche di adozione. “E’ e vuole essere un documentario molto emozionale per trasformarsi in un omaggio nei confronti di tutte quelle coppie che hanno aperto il loro cuore, mostrato generosità e al tempo stesso avuto il coraggio di accogliere delle creature che chiedevano amore, famiglia, futuro – spiega il regista Vincenzo Cascone – In un’epoca in cui c’è la frantumazione dell’istituto familiare, queste splendide coppie sembrano assurgere ad alfieri del valore della famiglia. Noi abbiamo analizzato questo aspetto e lavorato su punti di vista differenti, non solo con le testimonianze dei genitori ma anche dei bambini in prima persona”. Il documentario inizia con una sequenza molto particolare. Una bambina corre lungo un corridoio anonimo al termine della quale c’è una porta. La apre e ne esce fuori un fascio di luce. Il simbolo della sua nuova vita, come se rinascesse, per abbracciare una famiglia e cercare di dimenticare per sempre l’altra vita, quella da orfanotrofio. “Una sequenza uterina – dice il regista – nel senso che abbiamo immaginato di raccontare quella fase nuova, e tanto attesa, di quei bambini che fino a quel punto hanno vissuto nella speranza di poter essere adottati. Il documentario intende dunque focalizzare l’attenzione proprio sull’accoglienza. Un travaglio, non solo nel senso di un parto, ma anche di emozioni che superano le difficoltà burocratiche ma anche culturali date dalla diversità somatica, caratteriale, perfino di linguaggio”. Lo fa seguendo le tre fasi, cioè quella della pre-adozione, dell’accoglienza grazie a La Dimora e quella della post-adozione. Proprio su quest’ultima, Cascone individua nel sistema scolastico il passaggio cruciale per un processo di integrazione che deve svilupparsi proprio a partire dai banchi di scuola. “Vedremo come ci siano stati momenti molto belli, dove l’integrazione si è perfettamente raggiunta, ma anche momenti in cui vi sono stati più o meno consapevoli espressioni di razzismo, in ogni caso superati dai bambini preventivamente preparati dalle famiglie adottive. Ed allora il documentario vuole cogliere i vari aspetti per parlare non solo della multietnicità della società ma anche dello stesso valore fondante della società, ovvero l’accettazione della diversità secondo il principio per il quale la società è davvero civile quando equipara tutti i cittadini sulla base dei medesimi diritti. Quello della famiglia è internazionale”.

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