L’art. 11 della Costituzione italiana recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Il presidente della Repubblica Napolitano, garante della costituzione, dichiara: “non siamo in guerra, siamo impegnati in un’azione autorizzata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. Gli fa seguito il ministro della difesa La Russa che annuncia:” “Pronti 8 caccia” per bombardare la Libia. Alla faccia del rispetto per la tanta osannata Costituzione italiana!
I caccia italiani Tornado, infatti, non andranno solo a pattugliare i cieli libici per evitare gli attacchi sui civili da parte degli aerei di Gheddafi, ma s’impegneranno, come d’altra parte stanno facendo gli aerei francesi e inglesi, in un bombardamento mirato sugli obiettivi sensibili. Dunque l’Italia è un’altra volta in guerra, e poco importa se questa volta c’è il “cappello” della risoluzione Onu: anche questa volta sembra infatti che gli interessi di accaparrarsi un territorio ricco di petrolio, in questo periodo di magra, siano più importanti, soprattutto per il gruppetto di Gran Bretagna, Francia e Usa, e a questo punto anche l’Italia, rispetto alla possibilità di tentare una seria azione di protezione della popolazione civile.
La Sicilia, che è a due passi dalla Libia, corre il rischio maggiore, e mi dispiace non vedere né proteste di studenti, né prese di posizioni politiche, sociali contro la guerra in Libia, come avvenne per quella in Iraq. Ma che c’entra , quella era una situazione diversa, dirà il solito commentatore. Sì, perché allora c’era Bush, ora c’è Obama. Le morti però sono uguali! Sembra infatti che le bombe alleate abbiano mietuto già qualche decina di vittime civili, e la guerra iniziata non appare possa finire molto presto.
In più arrivano anche dure critiche dai paesi che in sede Onu si sono astenuti, cioè Cina, Russia e India, che insieme alla Lega Araba si sono lamentate dei bombardamenti. Dal Venezuela invece Chavez ha criticato Obama, fresco Premio Nobel per la pace, per aver cominciato un’altra guerra, come fu per l’Afghanistan e per l’Iraq.
E poi c’è anche la Germania di Angela Merkel che si è dissociata.
Certamente l’Italia, con in testa il Presidente della Repubblica Napolitano che è la maggiore istituzione dello Stato, il garante delle istituzioni, come si pone di fronte all’art. 11 della nostra Costituzione, sempre invocata da tutte le parti e dagli gli schieramenti politici di destra, di centro e di sinistra?
Se vogliamo possiamo anche giocare con le parole per risolvere le contraddizioni politico-militari del nostro Paese, ma nessuno può credere che “non siamo in guerra”, perché un paese come l’Italia, che, come afferma l’art.11 della costituzione, “ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e intanto prepara “gli aerei caccia” per bombardare i cieli della Libia dicendo che si tratta di una missione umanitaria autorizzata dall’ONU, credo sia per nulla convincente per non dire non coerente con i principi degli italiani. Qui non si tratta di fare né gli oltranzisti né i pacifisti, ma non si può negare che non esiste alcuna differenza tra “missione militare per operazioni umanitarie” e “guerra”.
La guerra tocca le coscienze più intime e non può diventare strumento di lotta politica; questo spiega perché forze politiche di maggioranza, come la Lega, e di opposizione, come Sinistra ecologia e libertà, abbiano dichiarato la loro contrarietà alla guerra. E non si può, a questo punto, non condividere,rispetto ad una posizione come quella del PD, quanto dichiarato da Nichi Vendola di SEL, il quale, per onestà bisogna dirlo, non solo non ha cambiato idea in nessuna delle occasioni di guerra, ma ha affermato: “La logica secondo cui per fermare un massacro bisogna compierne un altro pone dilemmi e prospettive inquietanti. La cosa più saggia è concentrarsi sul cessate il fuoco e puntare sull’isolamento di Gheddafi. Comunque sia, non si può invocare la non ingerenza quando si è in presenza del terrore di Stato. Ma bisogna puntare su azioni che non siano la guerra per riuscire a tenere una cornice internazionale di legalità”. Purtroppo i giochi di parole attorno all’art. 11 della costituzione italiana (“non guerra, ma operazione umanitaria di pace”) sono costati decine e migliaia di morti, vedi Nassirya, Afganistan, Kosovo, Iraq, ora Libia, che unite a tutti i caduti di queste “operazioni umanitarie” per esportare la democrazia, hanno raggiunto cifre spaventose veramente indegne di un mondo civile. Purtroppo ogni guerra è “un viaggio senza ritorno” e le Nazioni Unite non sono mai riuscite o non hanno voluto,ad oggi, per nascondere interessi più forti, trovare strade alternative all’orrore della guerra. Come se la storia non ci avesse insegnato nulla. E poi si fanno le celebrazioni di Stato per piangere i morti!
L’OSSERVAZIONE DAL BASSO……… DI DIRETTORE. L’ITALIA IN GUERRA NELLA LIBIA. ALLA FACCIA DELL’ART. 11 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA!
- Marzo 20, 2011
- 10:59 pm
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