L’OSSERVAZIONE DAL BASSO ……..DI DIRETTORE. “MI DICA CHI RAPPRESENTA E LA RICEVERO’”: LA POLEMICA TRA IL SINDACO BUSCEMA E IL SINDACALISTA(?) GIORGIO IABICHELLA

Sicuramente il cittadino modicano Sig. Giorgio Iabichella non riscuote tanta simpatia nell’Amministrazione comunale di Modica a causa del suo, “vero o presunto” non si sa, operato sociale, sindacale, politico che sta dando parecchio fastidio. Il sindaco Buscema mostra di essere parecchio disturbato dalle sue critiche, ritenute speciose, strumentali e allarmistiche, come nel caso delle bollette dell’acqua.
Certo è che questo Iabichella, al di là dei suoi ruoli specifici, è uno che segue con caparbietà i fatti amministrativi locali e che individua questioni che, al di là della loro legittimità veritativa, toccano fatti reali e che interessano ai cittadini. Il sindaco Buscema potrà essere infastidito del “metodo” di Iabichella, ma nel merito delle questioni che va sollevando, pur se in una prospettiva di parte e giudicata strumentale, coglie problemi reali , per cui credo che non si possa mettere il bavaglio ad una persona perché ritenuta non rappresentativa. Dico subito a scanso di equivoci e per mettere le mani avanti rispetto a coloro che professano il mestiere di “deduzionisti”, cioè di soggetti che deducono dai testi scritti, in modo arbitrario, cose che i testi non dicono né pensano, che non intendo entrare nel merito delle problematiche che Iabichella, legittimamente, solleva da tempo in città, né difendere il primo cittadino che, legittimamente, risponde con puntualità alle accuse.
La mia osservazione riguarda il “tono”, lo “stile”, il “metodo” che il sindaco Buscema sta utilizzando da un po’ di tempo per contrapporsi al cittadino Iabichella, nonché il suo “umorismo pirandelliano” verso la confusa visione identitaria che lo stesso Iabichella manifesterebbe. Il primo cittadino da un lato tenta di far emergere tutte le false certezze e smascherare i luoghi comuni e gli atteggiamenti del suo interlocutore, divenuti una abitudine, dall’altro cerca di assumere una posizione di comprensione e benevolenza.
E’ pur vero infatti, come giustamente dice Buscema, che il “modus operandi” di Iabichella assume ora il volto del sindacalista, ora quello del politico ora quello del comitato spontaneo, ma questo non può indurre un primo cittadino a porre una “condizione” per un incontro, che non si può istituzionalmente negare a nessuno, anche se la persona sta antipatica. Se Iabichella, a torto per Buscema a ragione per lui, è un cittadino in aperta opposizione all’Amministrazione comunale di Modica, questo non può costituire una pregiudiziale, perché a chi si oppone, anche se dicesse cose sconnesse, non si può mettere il bavaglio. Pensate che cosa accadrebbe in Italia se ai due “cittadini-oppositori” per eccellenza del Governo Berlusconi, ossia Santoro e Travaglio, i quali parlano ora da politici, ora giudici ora da giornalisti( e che a me, con tutta franchezza, non sono per nulla simpatici perché spudoratamente faziosi e strumentali per il loro modo di operare non tanto per le questioni che sollevano), si mettesse il bavaglio; sarebbe un gravissimo errore.
Chiaramente il paragone è in ordine all’idea del fare “opposizione” a qualcuno o a qualcosa. Iabichella è uno che fa opposizione senza remore, a testa alta, all’amministrazione Buscema. Perché lo fa? Per senso di responsabilità civica, per un bisogno di difesa dei cittadini e dei lavoratori del sindacato che dice di rappresentare, per il piacere di “rompere le scatole” al Comune, perché alla scadenza vuole proporsi alla città come amministratore e cerca consenso, per smania di visibilità o per che cosa? Beh, lo sa lui! Se il sindaco Buscema non ha nulla da nascondere o da temere, farebbe bene ad incontrarlo e ad ascoltarlo, magari per “dovere istituzionale” più che per un “piacere relazionale”. Ritengo che sia una caduta di stile quella del primo cittadino quando scrive che la condizione per incontrare Iabichella è quella di sapere “a quale titolo” Iabichella chiede un incontro e “ chi e quante sono le persone che rappresenta”. Giorgio La Pira, quando era sindaco di Firenze, dichiarò nel 1954: “Se c’è uno che soffre, io ho un preciso dovere: intervenire in tutti i modi e con tutti gli accorgimenti che l’amore suggerisce e che la legge fornisce perché quella sofferenza sia diminuita o lenita…Altra forma di condotta per un sindaco cristiano non c’è”. Dunque per La Pira besta che sia “uno”.
Chiaramente con questo non intendo dare suggerimenti al primo cittadino o esprimere giudizi di ordine etico, ma solo contribuire, con la mia osservazione, a svelenire questa polemica a distanza tra Buscema e Iabichella e ad affermare il principio che non è necessario rappresentare qualcuno per essere ricevuti da un sindaco, specie se appare come un “buon padre di famiglia”. E Buscema, sicuramente, lo è.

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