Il Tar di Catania rigetta ricorso dei lavoratori della Modica Multisosta

Il Tribunale Amministrativo Regionale rigetta il ricorso presentato da dodici operatori della Multisosta che contestavano il loro prossimo passaggio dalla Modica Multiservizi ad una società privata alla quale l’amministrazione comunale ha intenzione di affidare il servizio per il controllo delle area a pagamento(le zone blu). Gli operatori a metà gennaio avevano incrociato le braccia proprio per protestare su questa vicenda. “Ci sentiamo degli esclusi – dicono gli interessati -. Per noi sarebbe un ritorno indietro, quindi una retrocessione ai primi anni del servizio quando fu gestito da un’azienda privata con la quale non ci trovammo bene. Non comprendiamo come, uno dei servizi che assicura entrate certe, lo si voglia consegnare nelle mani dei privati”. I giudici etnei hanno accolto la tesi del Comune di Modica che era rappresentata dall’avvocato Miriam Dell’Ali e, dunque, non ha ritenuto valide le motivazioni rese nel corso del dibattimento dal professore Licciardello che rappresentava gli undici operatori della Multisosta(una operatrice non ha inteso aderire al ricorso. Lo scorso 29 dicembre il consiglio comunale si era occupato dello scioglimento delle società partecipate Modica Multiservizi e Modica Rete Sevizi e si era puntato su una delibera che era esplicativa dell’aspetto della Multisosta. In buona sostanza di era affidata la gestione dei parcheggi e della sosta ad una stessa entità per un periodo di contratto di servizio che era stato indicato in di tre anni: quindi si andrebbe alla costituzione di una società con la quale l’ente civico contrae un contratto triennale. L’idea era quella, che invece di istituire una nuova società con cui stipulare un contratto triennale, di affidare il servizio della sosta a raso a pagamento e la costruzione dei parcheggi all’aggiudicatario del progetto di finanza. Una soluzione che gli operatori delle strisce blu non condividono ma il loro ricorso al Tar, come si diceva, non è andato a buon fine ed anzi gli interessati sono stati condannati addirittura a pagare le spese di giudizio pari a ottocento euro.

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