Dalla tutela dei singoli monumenti a quella del paesaggio, e ora anche dei giardini iblei. Da questo assunto è partito il convegno tenutosi nel fine settimana a palazzo Spadaro a Scicli, per iniziativa del botanico sciclitano William Inclimona, e patrocinato da Comune e Provincia. “Il bisogno di parlare di giardino e quindi di organizzare un convegno nasce dalla consapevolezza e dalla constatazione di una realtà paesaggistica poco affermata nel nostro territorio –ha detto William Inclimona.
E’ una vera e propria contraddizione in quanto abbiamo un paesaggio molto ricco da diversi punti di vista: il clima favorevole, la morfologia del territorio estremamente eterogenea e soprattutto la bellezza di una flora spontanea unica nel suo genere.
L’ accresciuta coscienza ecologica ha inoltre comportato modalità di approccio nuove anche nei confronti dei parametri estetici.
Ritengo che la flora spontanea a scopo ornamentale possa rappresentare una novità estremamente positiva da diversi punti di vista nella progettazione degli spazi a verde”.
Qual è il vantaggio dell’utilizzo della flora spontanea?
“Quello di valorizzare l’identità del nostro territorio”.
Pubblichiamo qui di seguito una sunto della relazione della professoressa Daniela Romano, della facoltà di Agraria dell’Università di Catania
Parlare del giardino siciliano non vuole essere un “localismo”, ma il riconoscimento del valore intrinseco di un patrimonio insostituibile, fatto di luoghi, di tradizioni, di saperi, di cultura, che rischia di scomparire. Le dimensioni contenute degli impianti, il confine sfumato fra spazio agricolo e ornamentale, la mancanza di soluzioni spettacolari sono condizioni che hanno determinato una tradizionale sottovalutazione del giardino siciliano, che invece esprime profondi legami con la nostra cultura. È comunque arduo individuare una matrice comune ai giardini siciliani, anche perché è proprio di ciascun giardino operare un adattamento o una vera e propria trasformazione delle caratteristiche specifiche del sito che, per primo, ispira la conformazione e la localizzazione dell’intervento umano.
Quello che sicuramente distingue il giardino siciliano, soprattutto quello tradizionale che spesso manifesta maggiore identità, è innanzitutto il rapporto problematico con un clima, torrido per buona parte dell’anno, e con un paesaggio che sovente assume toni piuttosto aspri. Questo rende ancor più straordinaria ed ospitale quell’oasi di verde e di frescura che il giardino crea, a volte in maniera sorprendente, fra le pieghe del territorio. Nei giardini siciliani l’acqua è quanto mai preziosa: tutto o quasi tutto dipende dalla sua sempre esigua disponibilità e dalla difficoltà di reperire sorgenti e di sfruttare corsi d’acqua, che il più delle volte hanno regime irregolare. Specialmente in quei giardini che più dipendono dalle risorse idriche diviene esplicito un carattere che contraddistingue, spesso in maniera ossessiva, il giardino tradizionale siciliano: il suo forte legame con esigenze di carattere alimentare, quasi a ricordarci come non possa esistere godimento estetico senza che vi sia prima un appagamento di esigenze primarie, qual è quella di alimentarsi: in Sicilia, come in altre regioni mediterranee, l’arte del giardino si confonde con l’agricoltura. Ciò è evidente, ad esempio, per quanto riguarda la produzione degli agrumi, sempre presenti in ogni giardino siciliano; significativa in tal senso l’identificazione, relativamente moderna, nel dialetto siciliano, della parola “giardino” anche con l’agrumeto che serve esclusivamente alla produzione per la vendita. Un altro elemento è la presenza di piante esotiche per quel gusto alla sperimentazione, molto forte tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, che ha portato alla realizzazione di giardini di acclimatazione. Gli spazi a verde ornamentali del passato sono talvolta così ricchi di specie da poterli paragonare a veri e propri orti botanici. Tutto ciò impone la necessità di preservare questo importante e fragile patrimonio per le generazioni future