Copai/gate. Le motivazioni del Tribunale del Riesame. Tutto passava dal bancomat di Riccardo Minardo

C’è tutta la storia del come, del quando e del perché sarebbe stata messa in moto quella che qui molti chiamano ormai la “macchina della cricca” del Copai, nelle motivazioni emesse dalla quinta sezione penale del Tribunale di Catania, che ha bocciato il 13 maggio scorso il ricorso presentato dai legali dell’onorevole Riccardo Minardo, con il quale si chiedeva la revoca del provvedimento restrittivo emesso il 15 aprile scorso dal Gip del Tribunale di Modica.
Anche il Tribunale del riesame catanese ha confermato e rafforzato le accuse contro Minardo, che sarebbe stato, secondo i magistrati, a capo di un programma associativo che prevedeva la commissione di una variegata gamma di reati fine, tutti finalizzati a realizzare il prioritario obiettivo dell’associazione e cioè la distrazione di flussi finanziari cospicui, destinati ad una determinata finalità pubblica e utilizzati per scopi diversi, con una manipolazione programmata ex ante, sistematicamente attuata e imperniata sulla frustrazione costante dell’interesse pubblico, sotteso ai finanziamenti. Di tale manipolazione, vi è traccia evidente, secondo i giudici catanesi, nella documentata utilizzazione di fondi del Copai (Consorzio Promozione Area Iblea) per la definizione di vicende negoziali, alle quali sono cointeressati Rosaria Suizzo, Presidente del Cda del Consorzio sin dal 2001, Riccardo Minardo e i suoi più intimi congiunti, come la moglie Giuseppe Zocco e la figlia Serena.
Insomma un quadro accusatorio pesantissimo quello che viene fuori dal Riesame che trova due elementi centrali nelle azioni poste in atto dal gruppo per le operazioni economico-finanziarie più importanti fatte: l’acquisto di Palazzo Lanteri di Modica e l’acquisto Radio Onda Libera. Secondo i giudici, praticamente, accanto al Copai l’onorevole Minardo avrebbe pensato bene di creare la società Archè Kronu, che doveva fungere da strumento di acquisizione o canalizzazioni di somme originariamente confluite nei fondi del Copai, cioè fondi pubblici da impiegare, dicono i giudici, per fini privatistici.
Minardo, hanno ricostruito i giudici, dando ragione al Gip modicano, tenta di non figurare mai in nessuna delle operazioni che vengono messe in atto, ma, scrivono nella sentenza che anche a voler prescindere dal ruolo di collettore dei pubblici contribuiti erogati al Copai conseguente al potere decisionale connesso alla carica politica, ciò che definisce, a parere del collegio, il protagonismo associativo dell’indagato è l’accertata cointeressenza nell’Archè e l’utilizzo della società alla quale è stato imposto un modulo operativo illecito, strumentale all’acquisizione di beni, depredando pubblico denaro.
“Depredando pubblico denaro”, il collegio non fa sconti. Anzi più avanti il tribunale conferma che Copai e Archè costituiscono la piattaforma operativa dello scellerato programma criminoso promosso da Rosaria Suizzo e Riccardo Minardo, che hanno costituito un sodalizio criminoso finalizzato, attraverso la commissione di reati di malversazioni e truffa, a destinare pubblico denaro ai loro personali fini. Ma l’aspetto che incuriosisce di più, e quello che ha attirato l’attenzione degli uomini chiamati ad indagare, è proprio quello dell’Archè Kronu, la Srl che sarebbe il nucleo attraverso cui tutto viene fatto ruotare e tutto diventa possibile. Assorbire denaro pubblico e di privati, per esempio operatori agricoli, convinti, per l’accusa, da Minardo ad avvalersi della consulenza della società.
Ma che cosa è questa Archè? Dopo la Procura di Modica, anche i giudici catanesi sono andati a leggersi con attenzione le carte, per scoprire che l’Archè nasce con un capitale sociale di 10 mila euro, metà di Giuseppa Zocco e metà di Rosario Suizzo. L’on. Minardo non c’è, ma, dicono i giudici, ne appare come socio occulto, tanto che mette a disposizione i locali della segreteria politica di Corso Umberto I di Modica che, nell’atto costitutivo di Archè Kronu, figurano come sede sociale.
Così la piccola società decolla molto rapidamente e tutte le operazioni finanziarie da realizzare con i fondi pubblici finiranno con il transitare da lì. Soprattutto, come dicevamo, l’acquisto di Palazzo Lanteri e quello di Radio Onda Libera. Per i giudici non ci sono dubbi e spiegano che la Archè Kronu è, pertanto,una società dormiente e il suo risveglio, anche contabile, coincidente con l’assunzione della veste di acquirente di Palazzo Lanteri di Modica, costituisce gravissimo indizio che la sua costituzione è stata funzionale all’attuazione di un turpe patto associativo, di cui sono artefici, all’evidenza Suizzo, Zocco e Minardo.
L’ Archè era un contenitore, dicono, privo di qualsiasi potenzialità economica e, pertanto, il mezzo più semplice per acquisire un’apparenza societaria regolare (nella quale con scaltra cautela non figurava il visibilissimo uomo politico ma la fidatissima consorte, professionalmente anonima, e la dirigente d’azienda Suizzo, presidente del CDA di Copai), dietro la quale eseguire plurimi comportamenti distrattivi, affiancandosi i coniugi Minardo- Zocco a soggetti (la Suizzo e il Barone principalmente), autori di condotte truffaldine, che hanno consentito di tesaurizzare denaro pubblico destinato ai lavori di ristrutturazione di palazzo Pandolfi, ma, di fatto, impiegato per alimentare il conto “Copai”, le cui provviste, attraverso Archè e anomali e assidui giri di denaro tra il trio Minardo- Zocco-Suizzo, sono state impiegate per acquistare palazzo Lanteri e Radio Onda Libera.

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