Miseria e nobiltà. Anche Modica ha la sua.

Palazzi sontuosi si rincorrono senza affollarsi lungo le fiancate delle colline della capitale della Contea tanto orgogliosamente descritte da studiosi e tanto poveramente vilipese da amministratori di tutti i tempi e ogni colore. Era la nobiltà di princípi di un tempo che ha edificato fastosi palazzi dando decoro e armonia al centro storico delimitandolo tra stili che non sono in contrasto tra loro ma che tutti sottolineano il buon gusto di un cuore che batteva in quel patrimonio oggi per loro merito riconosciuto come appartenente all’intera umanità. Sono i palazzi che costeggiano l’alveo del torrente e che furono edificati certamente senza il parere di alcun ufficio tecnico comunale né sovrintendenze che ne imponesse stile, fregi, e decorazioni: allora non esistevano organi di tutela del territorio. Ma stiamo parlando della la nobiltà di un tempo. Quella in competizione per costruire la chiesa più maestosa l’altare più ricco, e i palazzi più decorosi. Nulla a che vedere con la miseria del secolo scorso. Erano gli anni ’60. Gli anni bui della sistematica cancellazione di memorie legate a un passato che col tempo avrebbe presentato il suo conto. Erano gli anni della barbarie edile quando ufficialmente “crollò” la chiesa di S.Agostino in Modica e al suo posto con le autorizzazioni degli amministratori vennero edificati palazzi orrendi che ancora oggi segnano la città. Ma erano gli anni bui. Erano gli anni in cui antico corrispondeva con vecchio e la modernità era intesa come rinnovo. Erano gli anni della miseria delle amministrazioni che non sapevano di essere povere in cultura e ricche di cemento armato. Non sapevano che negli anni a venire quello scempio sarebbe rimasto lo stemma della loro vergogna per sempre. Era la miseria di appaltatori e uffici tecnici a cui nessuno aveva fatto notare che la città, della loro miseria, ne avrebbe sofferto per sempre. Altri tempi. La miseria di oggi è diversa. È ancora più grave. Essa apparentemente si basa sulla cultura della tutela e della conservazione. Princípi applicati a molti ma evidentemente non a tutti. A qualcuno è concesso con tanto di autorizzazione, di edificare un palazzo su una delle colline più belle e più fascinose della città. La collina dell’Itria che guarda senza campanilismo a San Giorgio e San Pietro. Una collina che ha un ruolo importante nella tradizione antichissima della città. Dove i modicani hanno edificato una chiesa alla Madonna d’Oriente, da cui ha poi preso il nome, tra le più antiche della contea. Una collina che fa parte di un territorio che dovrebbe essere sacro non solo ai modicani che non sanno come difenderla e tutelarla dal degrado di chi ancora oggi ara il suo orticello, ma a tutto il territorio ibleo perché parte di un circuito prezioso fonte di ricchezza economica rappresentata da flussi turistici importanti. Quella di cui parliamo è la miseria di coloro che hanno chiesto autorizzazioni non curanti del degrado che causeranno assommata all’indolenza di coloro che rilasciano ancora oggi autorizzazioni ad edificare mostri proprio in quelle colline descritte da Gesualdo Bufalino in una delle più belle pagine di Argo il cieco. 2011 come1960. Assistiamo attoniti e basiti alla recisione sistematica di ogni forma di cultura del bello. Parafrasando il titolo di una manifestazione culturale di cui proprio coloro che concedono scempio si sono fatti promotori possiamo affermare: Modica Miete Culture. Vero!

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