Se c’è una cosa che ad uno scrittore sicuramente dispiace, è quella di essere consegnato all’oblio. A questo destino vorremmo non fosse destinato Nino Barone, nato nel 1919 e già Preside dell’Istituto professionale per l’agricoltura “Principe Grimaldi” di Modica, che, proprio l’8 luglio di due anni fa, lasciava la scena di questo mondo. Una persona distinta, raffinata, signorile, che amava Modica e che l’ha raccontata nei suoi tre corposi volumi di prosa: “Essere cava”, “Richiami” ed “Il sapore del tempo”. “Caro Mimmo – mi diceva con la sua voce squillante al telefono –, cosa c’è in programma nel prossimo sabato letterario?” Queste sue parole, che mi sono rimaste impresse nella memoria, le percepivo come segno della sua amabilità e del suo desiderio convinto di partecipare costantemente con la moglie agli appuntamenti culturali del Caffè Quasimodo, sedendosi quasi sempre nello stesso posto di terza fila, e, a volte, anche nel tavolo della presidenza ora come relatore, ora come autore che presentava le sue opere.
Barone amava il linguaggio della colloquialità e della convivialità, sperimentate – come lui stesso scrive in “Essere Cava” , fra le “Quattro colline, non molte alte e non ricche di vegetazione, ma avvicinate e incombenti”, che “hanno delimitato da secoli, e forse da millenni, lo spazio abitativo della nostra Modica, il centro e il cuore del nostro paese”.
Fra una passeggiata serale e l’altra lungo il Corso Umberto, egli rievocava ora il “sabato fascista” ora gli anni all’università; ora la “vita militare” ora “la guerra”; ora le “scelte politiche” e la cronaca spicciola legata ad avvenimenti inerenti “I Partiti a Modica “ ora “i braccianti e le case popolari”; ora “Marina di Modica” e “il porto di Pozzallo”, ora “il quarantennio democristiano”etc… Insomma, un ampio circuito di note argomentative che era al centro delle sue narrazioni e riflessioni e che accompagna lentamente il suo narrarsi agli amici lungo il Corso Umberto, ove, come lui stesso scrive, “qui la sera, nella passeggiata serale si vive un momento essenziale del nostro ‘essere cava’ !
Il pensiero di Nino Barone fu sempre acuto, e lo dimostrano le tesi contenute nelle sue opere, ove si trova una analisi storico- politica che punta lo sguardo sulla caduta del comunismo, sul fenomeno Cossiga, su Tangentopoli e il fenomeno Di Pietro, sulle elezioni del novembre 1993, sul triennio 1992/94, sulla nascita della formazione politica dell’Ulivo, sulle elezioni del 1996 fino a giungere alle soglie del 2000. Un decennio che egli passò sotto i riflettori, interpretandolo più che con l’occhio dello storico con “l’animus del politico” che avvertiva dentro di sé l’amarezza della delusione e la tristezza di una rassegnazione fomentata dall’imporsi di quello che egli chiamò un “maggioritario fasullo”, dal succedersi dei “ribaltoni politici” prima nel ‘95 con Bossi e poi nel ’98 con Bertinotti, per arrivare alla crisi dell’Ulivo nel ’99.
Ma Barone, come si evince dalla sua seconda opera, “Richiami”, non mancò di operare una rivisitazione di un quarantennio politico della città di Modica, ricostruendo un quadro nel quale si stagliano alcune figure politiche come l’on. Guerrieri, Saverio Terranova, Angelo Scivoletto e Peppino La Rosa, recentemente scomparso, figure che hanno segnato, con luci e ombre, il cammino, la crescita e lo sviluppo della città.
”Voglio morire da poeta”, mi disse nell’aprile del 2009. E così è stato. La sua raccolta poetica “La sera dell’anima” si stampava proprio mentre lui era sul letto di morte. Una raccolta dove è il suo cuore a parlare. Sì, perché tutta l’opera di Barone, prosa e poesia, ha conosciuto il “linguaggio degli affetti e del cuore”, si è snodata attraverso i filmati della memoria riproducendo nella sua mente le premure materne e paterne, i ricordi dell’infanzia, i racconti dei nonni e degli zii, fino ad arrivare alla sua famiglia, ai suoi figli e ai suoi nipoti. Barone è stato sempre cantore di sentimenti sinceri ed autentici, quel “nonno mitico” dei suoi nipoti, ai quali ha lasciato, come in una fiaba, storie e fatti vissuti in tanti anni di cammino e di esperienza; è stato un intellettuale fine, un osservatore attento del cammino della sua città, un ermeneuta che ha saputo portare sulla pagina quel “sentimento comune” di tanti cittadini che hanno assistito alla “più grande crisi di transizione, che abbia colpito l’Italia negli anni di fine del secondo millennio”.
Egli, con la sua humanitas e il suo sensus fidei” di cui sono venate le sue opere, ha lasciato sicuramente una patrimonio di riflessioni caratterizzato da una scrittura che si è fatta storia e letteratura , grazie ad uno stile originale e necessitato da una forte esigenza di comunicazione: Barone ha creduto in una visione della storia e della letteratura capace di “farsi vita”, “messaggio etico”, ed è per questo che ha fatto ricorso ad un linguaggio non roboante, ma semplice, convincente, lineare ed aperto, poiché finalizzato non alla periodizzazione estetica ma a parlare agli animi e al cuore delle persone. A due anni dalla sua scomparsa, pensiamo di potergli dire – con le parole di Ovidio – “Nino abbiti come regalo il cielo!”.
IN RICORDO DELLO SCRITTORE MODICANO, PRESIDE NINO BARONE
- Luglio 8, 2011
- 5:20 pm
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