Nell’angosciata mestizia di chi non può che inconsolabilmente chiedersi come sia possibile fare una morte così a 16 anni, c’era la voglia di trovare un modo giusto per salutare Emanuele, un modo che fosse bello per rendere onore alla sua giovinezza, alla sua vita piena. Per benedire il suo ultimo viaggio, stamattina, fuori dal Duomo di San Giorgio, i suoi amici hanno scelto di far volare due colombe bianche, per accompagnarlo nel volo verso il cielo.
“Due colombe, per ricordarci della natura umana e divina che ci appartiene”, ha detto Don Michele Fidone, che ha presieduto la Celebrazione eucaristica toccando il cuore di tutti con la sua omelia. “Siamo qui – ha detto aprendo la messa – perché il nostro dolore va espresso, ascoltato, condiviso. Siamo qui perché questo dolore sia accolto, perché la guarigione ha bisogno di tempo e sostegno, di presenze significative, come accade per tutte le ferite naturali”.
Con semplici parole ha ricordato chi era Emanuele Di Raimondo, che martedì mattina ha lasciato la vita nel campo, dei nonni, dove sin da piccolo era abituato ad accompagnare suo padre e ad aiutarlo nei lavori: “Un uomo lavoratore, studioso, generoso. E dico un uomo, non un ragazzo, perché si esprimeva da adulto, e da adulto viveva le relazioni con gli altri, a cominciare da quelle familiari, con i suoi genitori e suo fratello. Spesso gli adolescenti sono portati a trascurare i rapporti con la propria famiglia, invece lui era cresciuto in un ambiente che gli ha dato equilibrio e lo ha reso capace di tessere relazioni positive anche fuori dalla famiglia, di creare profonde amicizie, di vivere l’esperienza di essere innamorato. È cresciuto amando la natura e gli animali e questo lo ha resto attento all’uomo”.
Proprio lì, nei posti che erano suoi, di cui si prendeva cura al fianco del padre, Emanuele è dovuto morire.
“Ma noi non vogliamo solo fare memoria di questo –ha aggiunto padre Fidone- ma anche impegnarci nella vita come lui lo è stato nella sua, dimostrando che la vita è bella quando viene vissuta con energia. I suoi giovani amici sappiano apprendere il valore di una vita impegnata, come quella di Emanuele che questi suoi pochi anni li ha vissuti bene e con la sua morte ci sta dando l’occasione per dirci: viviamo bene, viviamo intensamente”.
Con la stessa essenziale semplicità, tra le lacrime incontenibili, con la spontaneità che aiuta i giovani a non nascondere la profondità del dolore, suo fratello Peppe, i compagni di scuola dell’Istituto Principi Grimaldi di Modica, la sua fidanzatina Ivana, gli hanno detto l’ultimo “ti vogliamo bene”, l’ultimo “ti amo”, ancora acerbo, e l’hanno lasciato andare, insieme a quelle due colombe, conservando nel cuore il ricordo del suo giovane sorriso.