Grave pericolo per la salute pubblica a causa della mancanza di clorazione dell’acqua a Modica

Da circa 15 mesi vige il divieto di uso potabile dell’acqua proveniente dai serbatoi Sacro Cuore, San Pancrazio e Costa del Diavolo a causa della sospensione del servizio di clorazione da parte degli operatori addetti. Si tratta di tre serbatoi fondamentali in quanto da questi viene prelevata l’acqua per l’approvvigionamento idrico per quasi l’intera città.
La situazione è ormai divenuta grave ed insostenibile ed ha assunto le dimensioni del grottesco: la realtà che sembra emergere è che apparentemente due dipendenti comunali tengano sotto scacco un’intera città e di fronte a questo fatto chi riveste ruoli di responsabilità, nonostante tutti gli interventi effettuati, sembra registrare un senso di impotenza, con il risultato di mettere a rischio la salute di circa 50 mila persone. “Ci troviamo di fronte – denuncia il consigliere comunale di Una Nuova Prospettiva, Nino Cerruto – ad una caso paradossale in cui tutti hanno ragione: i lavoratori che richiedono il pieno e scrupoloso rispetto degli standard di sicurezza; l’Amministrazione che ha già effettuato gli interventi utili per mettere i lavoratori nelle condizioni di poter espletare il servizio; i cittadini che giustamente richiedono di poter utilizzare a fini potabili la nostra buona acqua”.
Per rendersi conto anche delle ambiguità che caratterizza questa vicenda, e che a pensar male farebbe intravvedere una regia occulta, occorre ricordare che nel mese di maggio del 2010 le due unità di personale addette alla clorazione sospendono tale servizio a causa della mancanza dei requisiti di sicurezza nei luoghi di lavoro. Da decenni questi ambienti, dove tra l’altro vi operano anche altri dipendenti (idraulici e manovratori), versavano in condizioni precarie, ma soltanto ora gli operatori hanno ritenuto manifestare, legittimamente, la propria protesta sino alle estreme conseguenze del blocco del servizio con grave pericolo per la pubblica incolumità. Nella conferenza dei servizi tenutasi il 7 Luglio 2010, in cui tra gli altri erano presenti il responsabile per gli impianti di depurazione, il medico competente, il redattore Valutazione dei Rischi, i rappresentanti dei lavoratori, erano stati individuati gli interventi da “attuarsi nell’immediato su indicazione del redattore del documento di Valutazione dei rischi per le stazioni di sollevamento acqua” in modo da potersi provvedere al ripristino del servizio di clorazione ed alla contestuale esigenza di garantire la sicurezza degli operatori addetti a tale servizio. Furono realizzati i lavori individuati nella suddetta conferenza, ma il personale addetto non ebbe intenzione di riprendere il servizio fino a quando non venivano scrupolosamente rispettati tutti gli standard di sicurezza previsti dalla normativa vigente.
“Preso atto di ciò – aggiunge Cerruto – l’Amministrazione decise di realizzare dei box prefabbricati esterni ai serbatoi, dove poter effettuare la clorazione. Reperite, non senza difficoltà, le necessarie risorse finanziarie, circa 120 mila euro, venne indetta una gara d’appalto e, trascorsi i tempi tecnici e burocratici necessari, i lavori vengono ultimati nel mese di maggio di quest’anno.
Quando ormai sembrava che questa storia volgesse a conclusione, sopraggiungono tutta una serie di centellinate richieste; scerbatura, accorgimenti tecnici vari, certificato di agibilità delle strutture, dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico, collaudo dell’impianto, misurazione della resistenza a terra. Trattasi di legittime richieste, ma la domanda spontanea che sorge è se nell’attesa che vengano espletati atti di carattere formale, è possibile mantenere a forte rischio la sicurezza e la salvaguardia della salute pubblica. È più importante l’altezza di uno scalino, la scerbatura, la dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico, atti tutti questi da esitare, o la salute di bambini, giovani, anziani? E se la stessa pedanteria venuta ora fuori in questo settore, venisse utilizzata in tutti i luoghi di lavoro dovrebbero venire chiusi uffici, ospedali, scuole aziende private, ambienti dove vengono effettuati gli adeguamenti previsti dalla legge, ma non per questo vengono sospesi i servizi.
Infine non è superfluo rilevare che nell’ufficio comunale che, tra l’altro, si occupa anche di depurazione delle acque, su cinque unità di personale tre, tra cui il responsabile di sezione, sono a regime lavorativo di part-time. Non sarebbe poi comprensibile che tutti gli attori coinvolti possano usufruire delle ferie in questo periodo, sino a quando non viene definitivamente ripristinato il servizio di clorazione”.

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