L’OSSERVAZIONE DAL BASSO…………… di DIRETTORE. LA MACCHINA DEL FANGO: CHI INDAGA SUL CENTROSINISTRA MUORE. FAI INCHIESTE SUI LEADER DEL PD? O SEI “DISONESTO” O IN “MALE FEDE”, “VENDICATIVO” OPPURE “GAY”

Più volte quando si è discusso in Parlamento di legge sulle intercettazioni, il PD di Bersani e della senatrice Finocchiaro hanno dichiarato: “No a leggi bavaglio che limitino la libertà di stampa”. Una posizione del PD che ho sempre apprezzato,anche se con la consapevolezza che si è trattato di una dichiarazione dettata più da ostruzionismo al berlusconismo che di convinzione, se è vero che la stessa posizione il PD l’ha assunta perfino quando il Governo ha presentato in Parlamento il decreto tale e quale del Governo Prodi. La conferma di come la pensa il PD e la sinistra sulla libertà di stampa l’ha data la confessione del giornalista d’inchieste Ferruccio Sansa de “Il Fatto Quotidiano”, il quale, nel suo articolo del 30 luglio scorso, scrive che “dopo vent’anni di lavoro (prima di approdare al Fatto sono stato al Messaggero, La Repubblica, Il Secolo XIX e La Stampa) una cosa posso dirla: i fastidi che mi hanno procurato le inchieste sul centrosinistra non hanno uguali”.
Nell’Italia del berlusconismo e dell’antiberlusconismo, si indaga a 360 gradi, ma guai a toccare il centrosinistra: chi tocca il centrosinistra – afferma Sansa – muore, diventa una sorta di “paria”, cioè un emarginato da cui stare lontano perché ha osato – prosegue Sanza – scrivere inchieste sul centrosinistra. Ferruccio Sansa, come è nello stile del quotidiano di Padellaro e Travaglio, ha fatto inchieste non facendo sconti a nessuno sia nel centrodestra che nel centrosinistra, toccando politici come Alemanno, Formigoni, Moratti, Storace, Berlusconi, Matteoli, Galan, Romani, Romano, Scajola, Grillo (Luigi), Calderoli, Bossi, D’Alema, Bersani, Penati, Burlando. Quelli del centrodestra, come si nota, sono in maggioranza, ma quello che lascia senza parole è la diversità di comportamento dei due schieramenti: “Certo, – scrive Sansa – il centrodestra è più duro, diretto, usa nei confronti dei giornalisti una logica proprietaria. Un certo centrosinistra no, non ti schiaccia direttamente, preferisce la calunnia, l’insulto, la telefonata a direttori ed editori. Con un’aggravante: l’arroganza del centrodestra, seppur più violenta, non pretende di essere “giusta”, ha lo scopo manifesto di metterti a tacere. Il centrosinistra – prosegue Sansa – è diverso: si sente investito di una missione, chi osa metterlo in discussione è “disonesto”, “in mala fede”, “vendicativo”, “scorretto”. Tutte accuse che mi sono state rivolte, sempre in forma anonima e senza lo straccio di una prova”. Ma cosa ha fatto emergere di così grave il giornalista Sansa nelle sue inchieste, al punto da essere “scomunicato” dalla sinistra?
“Mi capita anni fa, – afferma Sansa – mentre seguivo lo scandalo Antonveneta, di raccontare i rapporti di Gianpiero Fiorani con noti esponenti politici. Per giorni descriviamo i legami della Lega con il re delle scalate bancarie. Non succede nulla. Poi ecco che arriva la prima notizia su un esponente del centrosinistra: il contratto di leasing dello yacht di Massimo D’Alema è stato stipulato con una società legata alla Banca di Lodi. Niente di illegale, ma una storia che è giusto approfondire e magari riferire ai lettori. Risultato: mezzora dopo il mio colloquio con D’Alema arriva al giornale una telefonata che annuncia, in caso di pubblicazione, una denuncia per violazione del segreto bancario. Il giorno dopo D’Alema diffonde un comunicato e racconta “spontaneamente” l’episodio”. Ma i guai seri per Ferruccio Sansa arrivano quando decide di avviare una inchiesta sugli intrecci tra il centrosinistra e alcuni affari legati ad appalti e che stanno dietro alla cementificazione della Liguria. “Non arriva – scrive Sansa – una riga di smentita o querela, del resto sarebbe stato difficile, visto che ogni parola dell’inchiesta è documentata. Ma quando compare il primo articolo subito mi chiamano dal mio giornale: “Ferruccio, una persona ai vertici del centrosinistra ha fatto una telefonata ai massimi livelli. Dice che hai scritto un articolo pieno di falsità. Noi non ne teniamo conto, ma tu sappilo”. Parecchi sono gli insulti, le minacce e le calunnie che il giornalista del Fatto Quotidiano ha poi dovuto subire per esercitare il suo diritto di libertà di stampa. “Quando mi presentai nella sede del Pd genovese – afferma Sansa – per scrivere un articolo sulle elezioni regionali del 2010 uno dei massimi dirigenti locali mi accolse così: “Ecco l’amico di Berlusconi. Vergogna, vattene”, e via con accuse e insulti. Ma agli insulti, soprattutto se deliranti, è facile rispondere. Peggio sono le calunnie: non hai un interlocutore cui replicare. Di più: se ribatti dai dignità alle accuse che ti sono rivolte, le ingigantisci, dai loro concretezza. Insomma, devi subire. E lascio perdere gli episodi più pittoreschi, come quando mi avvertirono che qualcuno nel Pd faceva circolare l’immancabile voce che ero omosessuale, anzi, “buliccio” come si dice a Genova. Ne parlai con mia moglie, sorridemmo sorpresi: per me ovviamente non era un insulto, ma mi stupiva che qualcuno in un partito che si dice progressista lo considerasse tale(…) Bersani, tengo a dirlo, non è mai stato coinvolto negli episodi che ho citato. Ma forse sarebbe bene che li conoscesse, prima di invocare la macchina del fango e vestire i panni della vittima”.
Il racconto di Sansa mi conferma quello che ho più volte sostenuto nelle mie osservazioni e cioè che viviamo nell’Italia della doppia morale, dei “due pesi e delle due misure” e che la libertà di stampa non è uguale per tutti: è killeraggio e macchina del fango se ad essere attaccati sono politici di sinistra, è diritto di cronaca, libertà di pensiero e servizio alla democrazia se ad essere attaccati sono politici di destra.
Se la politica non decide di uscire da questo tunnel, la speranza in un cambiamento diventa sembra più esile!

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