La manovra dei privilegi di Roberto Jucci

In Italia c’è una grave crisi economica. Dopo svariati mesi in cui gli italiani si sono sentiti dire che “… supereremo senza grandi scossoni …dovete essere ottimisti” e finanche che “taglieremo le tasse…”, l’acquisita consapevolezza della crisi da parte dei nostri governanti sembra già un successo.
Siamo arrivati al “vedo”: bisogna recuperare i soldi e raggiungere l’agognato pareggio del bilancio; non che questa sia una novità del momento, è sempre stato auspicabile “il pareggio del bilancio” ma oggi, se non vogliamo collassare, è giunto il tempo in cui non si può più rimandare il temuto appuntamento. Fin qui, ovviamente, tutti d’accordo. Il problema è come? E qui grandi economisti, illustri tecnici ed alti funzionari, con ricca dialettica e qualche sorriso di sufficienza, sciorinano numeri nei dibattiti televisivi, sui giornali, nelle conferenze stampa per concludere nella sostanza che… purtroppo bisogna fare sacrifici! Chi? E questa è la seconda cruciale domanda. Ho letto il provvedimento. Al di là dei tecnicismi e dell’analisi dei singoli articolati ho cercato di comprendere qual è la “base morale” sulla quale si fonda la manovra. Nelle nostre leggi si usa spesso il termine “gestione del buon padre di famiglia” per significare diligenza e correttezza nell’amministrazione. Io, nello svolgimento degli incarichi affidatemi dallo Stato, ho sempre dato un significato per così dire “estensivo” a tale locuzione ed ho ritenuto, specie ogni qual volta mi trovavo a dover assumere una decisione difficile, spesso impopolare, di assumere quale riferimento il comportamento che avrebbe tenuto un “buon padre di famiglia”.

Ora mi viene alquanto difficile immaginare un buon padre di famiglia che ritiene morale e ragionevole risparmiare cominciando a diminuire le cure sanitarie ai propri figli, limitando i loro studi, e finanche riducendo le loro porzioni della cena, piuttosto che dare priorità all’eliminazione delle spese superflue di casa e dei propri lussi. Non mi sembra in tal senso che il provvedimento che ho letto sia pienamente rispondente al concetto del buon padre di famiglia, almeno non dei padri e delle famiglie che (grazie a Dio) ancora costituiscono il nucleo fondante della nostra società.

Non vedo, nel provvedimento, tagli sostanziali ai costi della politica; giusto un timido accenno lì dove si elimina l’obolo aggiuntivo ai ministri o si limita la cilindrata delle auto blu; vedo invece significativi tagli “sociali”, ad esempio alle pensioni che, mi sembra, siano state definite “medio alte”. Vorrei osservare al riguardo che una pensione di 1400 euro lordi al mese corrisponde in tasca a poco più di 1.000 euro e, francamente, la catalogherei più bassa che media, specie in considerazione dei previsti aumenti di benzina, energia e servizi in genere.

Vorrei essere concreto perché penso che un giudizio critico senza proposte alternative si configura solo come una sterile ed inutile lamentela. Premetto che l’esame dei provvedimenti non può essere esaustivo se non si conoscono esattamente le varie componenti del sistema politico – burocratico, sia a livello centrale che periferico, e ciò non solamente con riferimento ai singoli costi di Enti ed Amministrazioni, bensì anche considerando le loro competenze ed i servizi, o genericamente i benefici, che ne hanno i cittadini. Presumo e spero che tale analisi, che necessita di un prioritario e complessivo censimento di tutti gli Enti e della loro consistenza, sia stato effettuato dai “saggi” prima di procedere alla redazione di provvedimenti così probanti come quello in esame.

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