L’OSSERVAZIONE DAL BASSO …………….DI DIRETTORE. IL SINDACO DI RAGUSA DI PASQUALE TRA “AUTOSUFFICIENZA”, “AMBIGUITA’ ED “ECCESSO DI ZELO”

Ci sono due cose che in politica danno fastidio ai cittadini: la denigrazione e delegittimazione strumentale dell’avversario politico e l’ubriacatura del successo elettorale.
Nel comune di Ragusa quest’ultima posizione sembra essere, in questo periodo, bene interpretata, sicuramente in buona fede, da due attori protagonisti della politica del capoluogo: il consigliere del PD Calabrese e il sindaco Nello Di Pasquale. Non c’è dubbio che si tratta due valenti uomini politici, convinti e tenaci, che pur di difendere le proprie idee fanno barricate. E, così, Calabrese fa fatica a dialogare con l’ex senatore Battaglia,e Di Pasquale con i vertici del suo PDL.
Voglio comunque puntare la mia osservazione sul sindaco Di Pasquale. E’ un sindaco che ha ben governato e i cui meriti i ragusani gli hanno riconosciuto con la rielezione nel maggio scorso, permettendogli perfino di superare con una sua lista personale quella ufficiale del PDL; è un sindaco operativo, dinamico, e non a caso il Quotidiano Il sole 24 ore lo classificò, prima delle elezioni, in una lodevole posizione tra i sindaci d’Italia, cosa che rimarcai anch’io positivamente per sottolineare che quando ci sono buoni esempi, bisogna avere l’onesta di riconoscerlo al di là di ogni posizione politica.
Con la stessa onestà, però, debbo ora osservare che il sindaco Di Pasquale in questa estate d’agosto sta operando in una direzione che, a mio avviso, risulta portatrice di “indelicatezze”, di “eccesso di zelo”, di “atteggiamenti decisionisti” che stanno creando qualche problema all’interno del suo partito. Ed io credo, nulla togliendo alle sue personali capacità, che se Di Pasquale è stato candidato da un partito che è il PDL ed è stato eletto con il contributo di una coalizione, abbia il dovere morale di dialogare con tutti evitando di cadere nella tentazione dell’autosufficienza. Se è vero che un sindaco non può essere prigioniero di un partito o di una coalizione, è altresì vero che non può neanche pensare di avere in sé tutti i “munus” e di attribuire a se stesso la prerogativa di soluzione di problemi che non dipendono dal territorio. Alcuni esempi.
Quando Di Pasquale si è messo in “prima fila” per affrontare la questione del rifinanziamento della legge su Ibla, ha fatto bene ad occuparsene, ma, si è chiesta la gente, in che considerazione ha tenuto il rappresentante a Palermo del PDL, fra l’altro capogruppo, Innocenzo Leontini? L’idea che ha fatto passare è la seguente: “Io non ho bisogno di nessuno, faccio da me! Quando Di Pasquale prende carta e penna e scrive, con tanto di lettera ufficiale e formale, all’on. Nino Minardo per stigmatizzare i tagli agli enti locali, quale messaggio dà all’opinione pubblica? L’idea che fa passare è: “nel mio partito c’è un deputato nazionale che non sa fare il proprio mestiere e, dunque, debbo ricordaglielo io”; il mio partito, il PDL, sta operando una manovra economica iniqua. Mi chiedo: che senso può avere una lettera di questo tipo in un momento in cui c’è una crisi economica europea e mondiale? La potrebbero scrivere tutti i sindaci d’Italia. Forse che la drammaticità della situazione non è ben nota al suo PDL al punto da essere necessario un suo intervento mediatico? E, poi, non poteva sollecitare i coordinatori provinciali a fare un documento che fosse espressione di tutto il PDL ibleo? No, Di Pasquale fa “da sé”, fa come i grandi della politica, perché ritiene che l’essere stato consacrato dal popolo è un lascia passare che non ha bisogno di seguire i percorsi della politica. E ancora. Quando Di Pasquale discute, nella qualità di coordinatore provinciale dei sindaci iblei, le questioni del territorio, assumendo il ruolo di leader, non fa forse passare l’idea che non c’è alcun bisogno della deputazione iblea?
A questo punto due sono le cose: o Di Pasquale è ancora sotto l’effetto dell’ubriacatura del successo elettorale, legittimo per carità, ma poco produttivo, oppure sta lanciando segnali per dire addio al PDL.

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