LE SUPPLICHE D’UN SINDACO AL POSTO DELL’INDIGNAZIONE. La riflessione di Giombattista Ballarò

In Italia è tutto così confuso che piuttosto che indignarsi per il rispetto delle cose giuste, per evitare che i politici d’alto bordo continuino a sperperare denaro pubblico creando cattedrali nel deserto, bisogna ricorrere ad azioni eclatanti come l’incatenamento o lo sciopero della fame di qualche Parlamentare o bisogna armarsi di carta e penna per scrivere al Presidente del Consiglio e ricordargli che esiste un aeroporto da mesi pronto all’utilizzo ma dal quale non si decolla perché i santoni che ci governano non hanno trovato il tempo di decidere se l’aeroporto di Comiso va considerato d’interesse nazionale o no. Un Governo responsabile non dovrebbe essere sollecitato da alcuno ma sentire autonomamente la responsabilità di rendere operativa e produttiva un’opera per la quale sono stati spesi un bel po’ di soldi. Un amministratore locale però, non può scrivere al Presidente del Consiglio nonché leader del suo stesso partito per solidarizzare con i problemi che il Governo ha dovuto affrontare, dovrebbe invece esternare tutto il proprio disappunto e farsi interprete della rabbia della comunità che rappresenta per far presente al suo capo di partito che quanto sta accadendo con l’aeroporto di Comiso, rappresenta l’ennesimo esempio d’ignavia della politica ed il ripetersi dell’incapacità a concretizzare in tempi normali le procedure per evitare sprechi del denaro pubblico. Pertanto, se da un lato è apprezzabile che il Sindaco di Ragusa avverta la necessità di sollecitare il capo del Governo a far partire l’operatività d’un aeroporto dell’estremo sud per il quale verosimilmente nessun Ministro ha interessi né pubblici né privati, tutto sfuma quando i contenuti della lettera, più che l’indignazione esprimono una supplica. I diritti del popolo, caro Sindaco, non vanno elemosinati come fossero favori, ma al di là che la parte inadempiente appartenga alla nostra parrocchia, vanno pretesi con lo stesso atteggiamento di quando ci si rivolge ai nostri avversari politici, altrimenti una lettera o qualunque altra iniziativa diventano fumo negli occhi.

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