Chiesto il rinvio a giudizio per medico del reparto di psichiatria dell’ospedale Busacca di Scicli

Il Procuratore della Repubblica di Modica, Francesco Puleio, ha chiesto al Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale il rinvio a giudizio di Vincenzo M., medico quarantasettenne in servizio presso l’Unità Operativa di Psichiatria dell’Ospedale Busacca di Scicli, il quattro maggio del 2007. I fatti si riferiscono proprio a quella data quando si verificò il decesso di un’ausiliaria socio-sanitaria che era in servizio presso la medesima divisione ospedaliera. Carmela Gentile, 50 anni, quella mattina, poco prima delle 8,30, mentre era intenta nel suo lavoro, ovvero stava effettuando le pulizie di reparto, aveva improvvisamente accusato una tosse insistente e difficoltà respiratoria con parziale asfissia, sintomi che sarebbero state provocate dall’inalazione di vapori altamente tossici determinati dall’uso di sostanze acide e candeggina, che la vittima aveva miscelato per la pulizia dei locali in corsia. Poco dopo si era registrato un momentaneo miglioramento del quadro clinico che aveva un po’ riportato tranquillità e la poveretta era stata esentata dal suo lavoro fino a quando, circa un’ora dopo, l’ausiliaria si era inaspettatamente accasciata a terra, battendo violentemente la testa con conseguente frattura della regione occipitale destra. L’indagato, secondo la pubblica accusa, sarebbe responsabile, quale medico in servizio presso il reparto di Psichiatria del “Busacca”, di avere omesso di sottoporre la donna alle misure precauzionali, ovvero si metterla in osservazione nel reparto per il controllo e il monitoraggio, anche mediante specifici esami diagnostici delle funzioni vitali per la somministrazione di ossigeno e per le eventuali ulteriori terapie applicabili in caso di aggravamento della patologia (ovvero intubazione e ventilazione meccanica della vittima con PEEP, somministrazione di broncodilatatori e cortisonici), misure che avrebbero interrotto il nesso etiopatogenetico tra le lesioni polmonari patite e l’exitus, determinando la morte di G.C., avvenuta esattamente due ore dopo dal primo malore, a causa di una gravissima congestione polmonare con edema polmonare acuto terminale. Dopo il decesso l’allora l’Ausl 7 aveva tenuto a precisare che una morte durante l’orario di servizio non è assolutamente assimilabile ad una “morte bianca” né a un “incidente” o – tantomeno – “uccisione” sul luogo di lavoro, diffidando chiunque a speculare sulla tragedia.

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