La tragedia di Amira e Amen a Marina di Ragusa. Le due sorelline tunisine annegarono per negligenza degli adulti

Oggi Amira avrebbe 14 anni e Ameni 10. Nate a Vittoria da genitori tunisini, vivevano a Marina di Ragusa con mamma, papà e due fratellini in una casa di contrada Castellana Vecchia annessa a un’azienda agricola per la coltivazione in serra. E lì, nell’acqua sporca di una piscina utilizzata come vasca di irrigazione al servizio dell’azienda, che sono morte annegate nel tardo pomeriggio dell’8 ottobre del 2008.

Un pomeriggio come tanti per una famiglia come tante. Amira e Ameni restano in casa con i due fratellini. Il padre, bracciante agricolo, non è ancora tornato dal lavoro. La mamma si è allontanata per fare la spesa. Quando ritorna, alle 19,00 circa, chiama le bimbe senza ottenere risposta. Le cerca disperatamente. Dappertutto. Capisce che deve essere successo qualcosa perché le sue figlie non si sono mai allontanate da casa: nonostante avessero 7 e 11 anni, erano brave, responsabili e attente tanto badare anche ai più piccoli. Poi, la disperazione ha il sopravvento e comincia a gridare. Esce davanti al cancello e chiede aiuto. Il primo ad accorrere è un vicino di casa, attirato dalle urla strazianti della donna. Il vicino racconterà di essere entrato e di avere trattenuto con forza la signora che voleva buttarsi nell’acqua della piscina perché non riusciva a trovare le sue figlie. Nel frattempo arriva altra gente e qualcuno chiama i carabinieri che chiedono subito l’intervento di un’ambulanza del 118 e dei vigili del fuoco. «Giunti sul posto, entrati all’interno della proprietà abitativa e varcato il cancello d’ingresso, si scorgeva una piscina in muratura piena di acqua torbida e il corpo senza vita di una bambina». Il verbale dei carabinieri racchiude in poche parole una tragedia infinita. La madre non riesce a darsi pace mentre viene recuperato il secondo corpicino. Per Amira e Ameni non c’è più nulla da fare. L’ispezione cadaverica accerta che i corpi delle due bambine non presentano segni di violenza: «La causa del decesso è da considerarsi accidentale».

Nella confusione, il fratellino di 5 anni tenta di spiegare l’accaduto facendo capire che la prima ad entrare in piscina è stata Ameni. Ma perché Ameni si sarebbe avventurata in quella che sapeva bene essere una vasca d’irrigazione? Un gioco finito male o, magari, Ameni è caduta accidentalmente in acqua e Amira è scivolata nell’intento di aiutarla a risalire? La tragedia si è consumata nel giro di pochi minuti e la dinamica è tutta da ricostruire.

Di certo, dopo tre anni di assoluto silenzio, c’è la richiesta del pubblico ministero Marco Rota di rinviare a giudizio della proprietaria dell’immobile di contrada Castellana per negligenza, imprudenza e imperizia nell’avere omesso di adottare tutte le misure necessarie a scongiurare il pericolo di caduta e a prevenire i rischi per l’incolumità delle persone che vivevano nell’area interna alla casa e in quella circostante. Adesso la parola passa al giudice per l’udienza preliminare che per mercoledì prossimo avvierà il dibattimento con la costituzione della parte civile rappresentata dall’avvocato Enrico Platania.

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