Scicli. Omicidio Drago, la Cassazione rigetta istanze dei Ferrante e di Pacetto

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati dagli autori dell’omicidio dello sciclitano Giuseppe Drago, 32 anni. Gli Ermellini hanno preso in esame le istanze presentate dai fratelli Tony ed Elena Ferrante, 39 e 36 anni(non ha presentato alcun ricorso la terza sorella, Maria, di 43 anni), e di Giovanni Pacetto, il pastore incensurato, che era patrocinato dall’avvocato Rinaldo Occhipinti del Foro di Modica(per i due germani non erano presenti i difensori). Nell’udienza c’era l’avvocato di parte civile, Raffaele Rossino, sempre del Foro di Modica. La istanze tendevano ad ottenere le attenuanti e la legittima difesa, non ammesse in primo grado dal Gup del Tribunale di Modica, Maurizio Rubino. Nel mese di marzo del 2010 la Corte d’Appello di Catania aveva rimodulato le sentenze. Ad Antonino “Tony” Ferrante, e alla sorella Elena, (già condannati a 20 anni ciascuno) erano stati inflitti cinque anni ciascuno, Dieci anni(sei in meno del primo grado)a Maria Ferrante, mentre quattro anni(rispetto ai dodici di primo grado)erano stati sono stati inflitti a Pacetto, l’unico in libertà. I fratelli Ferrante e Pacetto erano stati ritenuti componenti il commando che uccise a colpi di fucile a canne mozze e di una pistola calibro 7,65 “Peppi u tedescu”, così conosciuto per avere trascorso alcuni anni in Germania. L’accusa era di omicidio aggravato in concorso e detenzione illegale di arma da fuoco e favoreggiamento. Pacetto ha sempre sostenuto di non avere assolutamente fornito le armi ma di averle, dopo, nascoste in un posto sicuro. Tony Ferrante avrebbe agito per i ripetuti soprusi di Drago, per ottenere metadone. All’ennesimo rifiuto da parte di una delle due sorelle, la vittima se la sarebbe presa con la madre, Rita Cangialossi, minacciandola e ferendola con le schegge del vetro di una finestra della casa contro la quale aveva lanciato un grosso masso. L’omicidio fu consumato il 28 ottobre 2007 in Via Sette Fratelli Cervi, al Villaggio Jungi, a Scicli. La Cassazione ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di parte civile.

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