I RAPPORTI ITALO-LIBICI NEL LIBRO DI LUCA MARCHI. MODICA, PRESENTATO NEL SABATO LETTERARIO DEL CAFFE’ QUASIMODO

Una ricerca storica attenta e puntuale, condotta su documenti di archivio anche della Prefettura di Ragusa, e che ha offerto aspetti nuovi del rapporto tra Italia e Libia nel periodo 1911-2011. Così ha definito il libro di Luca Marchi , Alessandra Kersevan, ricercatrice storica del Friuli, intervenuta al sabato letterario del Caffè Quasimodo, che ha dedicato il suo terzo appuntamento della stagione ancora una volta alle problematiche storiche con la presentazione del volume “Libia 1911-2011- Gli italiani da colonizzatori e profughi.”
Una serata particolarmente suggestiva quella offerta dal Caffè Quasimodo, arricchita da una atmosfera di luci, suoni, musiche e filmati che hanno accompagnato la lettura di brani del libro da parte dell’attore vittoriese Emanuele Nicosia, supportati dal commento musicale di Marina Zago al violino e Marco Cascone alla fisarmonica, mentre il “Duo Paganitango”, composto da Daniela Ricca e dal Direttore artistico del Caffè Quasimodo, Lino Gatto, ha intervallato le varie fasi dell’ evento culturale.
“Marchi , ha commentato il Presidente del Caffè Quasimodo Domenico Pisana, ha ricostruito i protagonisti dei rapporti italo- libici in particolare dal 1969, a partire dai Governi Andreotti, Moro, Craxi e Spadolini, per arrivare a Silvio Belusconi, con un percorso argomentativo scevro da usi politici della storia ” e caratterizzato – come ha rilevato il prof. Massimo Sturiale, docente di lingue e letteratura presso la Facoltà di Lingue di Ragusa – “dalla capacità di analisi dell’autore di andare oltre ciò che era già noto sulla storia della Libia, dando così un contributo di ricerca poggiato su fonti archivistiche e fotografiche molto interessanti”. Il volume di Marchi è stato giudicato un ottimo libro anche da Angelo Del Boca, che è stato il primo storico italiano a denunciare le atrocità compiute dalle truppe italiane in Libia e in Etiopia. Nell’intervista a Del Boca,condotta da Marchi e inserita nel suo volume, emerge una certa sintonia tra la tesi del giovane vittoriese e l’ opera di ricostruzione storica dei crimini del colonialismo italiano, che si è scontrata, secondo Del Boca stesso, anche con la storiografia vicina “gli ambienti conservatori per cui certe cose non si possono dire perché siamo, appunto, brava gente”.
“La Storia può essere un dono e può anche essere una dose di veleno” si legge nell’intervista di Marchi a Del Boca, e Marchi, con il suo volume, ha mostrato di credere nella Storia come dono.

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