IL MISTERO DEI “TORCULARIA” NELL’AREA IBLEA, STRUTTURE PRODUTTIVE PER VINO E OLIO, SARA’ SVELATO VENERDI’ ALL’AUDITORIUM DI S. VINCENZO PER IL TERZO APPUNTAMENTO DI “ERGASTERION – FUCINA DI ARCHEOLOGIA”

Si chiamano “torcularia”. Sono strutture produttive utilizzate sin dai tempi remoti anche se si discute ancora sulla cronologia di riferimento. Strutture che prevedono un complesso di vasche per la spremitura dell’uva o delle olive. Sfruttando anche la decantazione naturale delle vasche digradanti, si produceva in tal modo vino o olio. E’ uno degli affascinanti temi che saranno trattati venerdì 25 novembre, alle 17,30, nell’auditorium San Vincenzo Ferreri a Ragusa Ibla, per il terzo appuntamento di “Ergasterion – Fucina di archeologia”, il ciclo di incontri promosso dalla sezione di Ragusa dell’associazione “SiciliAntica. E proprio di archeologia della produzione si parlerà con il past presidente di “SiciliAntica”, Giovanni Bellina, che si soffermerà sullo studio in progress avviato dall’associazione ed avente ad oggetto i “torcularia” in questione. Nella nostra zona, carsica, molto spesso queste vasche sono scavate nella roccia sfruttando la conformazione naturale e le pendenze. Ma sarà affrontato anche un altro argomento di grande attrattiva: la lavorazione del tonno nelle tonnare siciliane. Ad occuparsene Annunziata Ollà, funzionario archeologo della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Messina. Quindi, un tuffo nel mondo pieno di suggestioni delle latomie curato da Alessandro Rustico, specializzato in archeologia classica presso l’Università di Bari. Rustico analizzerà le cave – risalenti principalmente al periodo che va dall’età greca tardo-arcaica (VI secolo a.C.) al periodo bizantino (VI-IX secolo d.C.) – che punteggiano sistematicamente tutto il litorale siracusano da Punta Castelluccio (Augusta) a Capo Passero-Portopalo. La ricerca ha comportato, per le latomie costiere situate da Punta Castelluccio a Lido di Noto, la semplice disamina della letteratura esistente, e, per quelle presenti tra Lido di Noto e Capo Passero, l’analisi autoptica di ognuna di esse. In sintesi, il giovane archeologo ha effettuato un primo tentativo di censimento delle cave costiere del Siracusano, riuscendo, per molte di esse, a comprendere la geologia dei banchi coltivati, le tecniche di estrazione, la dimensione dei blocchi estratti, gli strumenti utilizzati dai cavatori, la cronologia e la meta dei conci estratti.

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