Giornalismo di “comunicati stampa” o di inchieste? di Saro Cannizzaro

La giornata di noi giornalisti-collaboratori-corrispondenti è fatta di due fasi. Stranamente comincia, in genere, subito dopo pranzo, vale a dire quanto di norma ci siede davanti al computer per scrivere le notizie che il giorno dopo la gente legge. E’ questa una fase importante perché da essa dipende la mattina che segue, vale a dire quando dovrai ricevere telefonate o fare incontri di compiacenza o di dissenso. Dipende da ciò che hai scritto e cos’è stato pubblicato sui giornali on line o cartacei. Per spiegare meglio: trovi consensi quando scrivi ciò che è riportato nei comunicati stampa da parte degli interessati, trovi dissenso sempre dai diretti interessati alla notizia quando ciò che scrivi non è contenuto di alcuni comunicato ma di “indagini” o ricerche personali. Per essere più chiari: puoi fare delle scelte e vivere di pacche sulle spalle da parte, in particolare, di politici, oppure devi portarti dietro il peso giornaliero di incontrare o ricevere telefonate e contestazioni, spesso per interposta persona, da chi non è riuscito a farti scrivere ciò che lui gradirebbe. Quando vai fuori dalle righe, ti chiedono di rivelare la fonte, e al diniego ti mandano amici e poi amici degli amici per “scroccarti”  il nome di chi ti ha dato la dritta. La prima cosa che ti viene detto, in questi casi, è: “Ma chi minc…scrivi? Poi magari gli metti sotto i muso i fatti e lui risponde: “”Si, comunque te la potevi evitare”. A me capita spesso e mi è capitato tantissimo in passato, ma vado avanti anzi spesso ci rido. Ritengo che non si possa vivere di un giornalismo fatto di comunicati stampa o di ciò che a taluni interessa fare sapere.

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