Poste, baby pensionata modicana “tradita” da un accordo. Si appella al giudice del lavoro

Ha prestato servizio fino allo scorso 31 dicembre alle dipendenze di Poste Italiane. Dal primo gennaio è stata licenziata dall’azienda a seguito dell’avvenuta sottoscrizione di un “Verbale di accordo”. Modica vive la vicenda di migliaia di lavoratori postali che si sono ritrovati senza lavoro e che ora chiedono di essere riassunti. La lavoratrice modicana si è rivolta al giudice del lavoro del Tribunale, attraverso l’avvocato Enzo Rizza. Assunta nel 1990, fu raggiunta da una proposta di esodo volontario formulata dall’azienda, come molti altri dipendenti, teso alla riduzione del personale. In sostanza un funzionario le prospettò la possibilità di uscire dai ranghi aziendali mediante un accompagnamento economico fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il trattamento pensionistico. Nello stesso contesto l’azienda pretese che l’accordo definisse una volta per tutte anche molti altri aspetti del rapporto lavorativo, di modo che ogni possibile causa di contenzioso futuro fosse impedita dalla sottoscrizione della transazione e dalla sua ratifica nelle sedi sindacali nelle forme. Si trattava, in definitiva, di un accordo complesso che prevedeva una serie di rinunce da parte del lavoratore e la cessazione del rapporto, a fronte di benefici di natura economica. L’accordo impegnava e obbligava Poste Italiane SpA a liquidare alla parte. a titolo di incentivo per l’esodo volontario anticipato, una certa somma da erogare contestualmente alle competenze di fine rapporto e, comunque, non oltre 60 giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro a mezzo prospetto paga. I “pensionato baby” per due anni non avrebbe ricevuto alcun’altra remunerazione oltre alla somma stabilita alla fine del rapporto. “Nelle more della cessazione del rapporto di lavoro – spiega l’avvocato Rizza – è sopraggiunta una nuova regolamentazione legislativa dei requisiti pensionistici che rende assolutamente onerosa la cessazione anticipata del rapporto di lavoro e, dunque, abbiamo chiesto la risoluzione dell’accordo”. In buona sostanza non più due anni ma cinque senza percepire alcuna pensione. La donna modicana chiede adesso al giudice del lavoro di dichiarare la nullità del “Verbale di accordo” sottoscritto con Poste Italiane il 26 maggio scorso per l’insussistenza delle condizioni all’epoca sottoscritte.

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