La morte del fruttivendolo modicano Cappello alla Clinica del Mediterraneo. Indagati due anestesisti e il chirurgo. Chiuse le indagini

Sono tre le persone indagate, rispetto alle sette iscritte all’atto dell’apertura dell’indagine, per la morte del fruttivendolo modicano Nino Capello, avvenuta nel mese di dicembre del 2010 durante un banale intervento alla tiroide effettuato alla Clinica del Mediterraneo. La magistratura inquirente ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini dal quale risultano indagati il medico chirurgo V.C., il primario anestesista A.B., e il medico anestesista L.F.. L’accusa contestata è omicidio colposo in concorso. Dopo il decesso la Procura dispose l’autopsia affidata al medico legale Francesco Coco, il quale nelle conclusioni ha puntato il dito, particolarmente, sul primario anestesista ritenendo che questi avesse agito con una condotta colposa. Durante la fase anestetica, prodromica all’operazione, Cappello fu colpito da arresto cardiocircolatorio. I medici avrebbero incontrato difficoltà nell’assicurare la respirazione artificiale in grado di alimentare il cervello. Gli anestesisti avrebbero agito con imperizia e negligenza, e non avrebbero chiesto al chirurgo, sempre presente, di eseguire la tracheotomia in via d’urgenza visto che il paziente era entrato i coma. Il chirurgo, da parte sua, avrebbe effettuato la tracheotomia dopo un’ora e un quarto. Da qui la morte cerebrale. I reni e il fegato furono donati, per volontà della vedova, una donna di Scicli, madre di quattro figlie, e furono trapiantati al Civile di Palermo a un iraniano di 32 anni, a un 55enne di Sciacca e ad una donna di 32 anni di Palermo. Cappello era conosciuto a Modica perché titolare di una salumeria e rivendita di ortofrutta in Piazza Corrado Rizzone. Secondo gli inquirenti l’anossia cerebrale e l’impossibilità di intubare il paziente, che determinarono sia l’infarto che la morte cerebrale, sarebbero da addebitare ai tre medici. Cappello, quando il quadro clinico si complicò, fu trasferito d’urgenza all’Ospedale Civile in Rianimazione, ma questo non bastò. La moglie Veronica, e le figlie di 13, 10, 8 e 6 anni, la madre e i fratelli hanno incaricato l’avvocato Antonio Borrometi per essere rappresentati in giudizio. A giorni sarà fissata l’udienza preliminare.

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