Effetti della crisi economica sulla salute pubblica. La rubrica medica del dottore Federico Mavilla

La crisi economica che sta colpendo l’Euro Zona e l’Italia ha ripercussioni non soltanto sulla spesa alimentare e sui consumi degli italiani, ma anche sul budget destinato alle visite mediche e alla salute. Da sempre salute ed economia sono andati di pari passo; il meno abbiente ha avuto e, probabilmente, avrà maggiori difficoltà nel tutelare il proprio status di paziente. Ma mai come in questo particolare periodo di recessione economica globale, i cittadini, in veste di degenti, sono alla ricerca di metodi e strumenti non onerosi, in grado di soddisfare i loro leciti dubbi sulla propria salute.
A causa della crisi economica si è verificata una riduzione del numero di visite specialistiche e un aumento delle visite presso i medici di famiglia. Il medico di famiglia resta la figura di riferimento principale, seguito subito dopo dal farmacista.
Quotidianamente nel mio ambulatorio di medicina generale tocco con mano questa estrema difficoltà dei pazienti che pur riconoscendo la validità di eventuali ricorsi a specialisti o accertamenti ematologici o radiologici, mi invitano a soprassedere o rinviare a una fase successiva sia a causa dell’aumento dei costi delle prestazioni e delle visite mediche specialistiche e sia per le purtroppo difficoltà di natura economica a cui stanno andando incontro in questi ultimi periodi.
Alcuni comportamenti legati alla visita al Pronto Soccorso confermano l’ipotesi di una ricerca da parte dei cittadini all’accesso immediato a visite specialistiche, terapie ed esami diagnostici, scavalcando la trafila dei tempi di attesa del Sistema Sanitario Nazionale e nella speranza di risparmiare i costi di tali servizi.
Le scelte delle famiglie in materia di salute traducono la percezione di un impoverimento generalizzato, che coinvolge una parte preponderante della popolazione, che costringe a rinunciare a strumenti fondamentali della prevenzione quali le visite specialistiche e gli esami clinici. Il perdurare della crisi rischia di determinare un’ulteriore caduta dello standard di vita e di benessere del nostro paese.
Sono soprattutto i soggetti a rischio, che, pur conoscendo l’importanza di sottoporsi a regolari controlli di prevenzione sanitaria, rinunciano ad eseguirle sia per le difficoltà di accesso alle visite offerte dal Servizio Sanitario Nazionale e le lunghe liste di attesa, ma soprattutto per colpa della crisi economica.
Ecco perché ci si rivolge sempre più al medico di base, piuttosto che allo specialista, o ancora si preferisce avere delucidazioni attraverso uno strumento economico e allo stesso tempo comodo e rapido, quale internet.
Emerge in effetti un’intensa attenzione a questa nuova modalità di informazione che sembra sostituirsi al tradizionale passaparola (appare più credibile in conseguenza della modernità del medium). Sia le fonti che i formati sono molteplici (blog, gruppi di supporto, scambio di esperienze, etc).
Data l’anarchia dei contenuti del web, però, può essere difficile discernere la presenza della “publicity”, promosse dalle grandi imprese, dall’informazione propriamente medica e indipendente.
Ritengo, quindi, che sia necessario, per preservare il livello di tutela della salute, che si riteneva ormai acquisito, prendere delle iniziative valide nell’ambito della sanità, da parte dello Stato, davanti a una cosi grave crisi economica, visto le scelte, le spese, i sacrifici e le rinunce che gran parte dei cittadini sono costretti a fare.
Ma, purtroppo, lo Stato Italiano ha messo da parte la prevenzione, la salute dei suoi cittadini, è ritenuto importante solamente che la spesa sanitaria si abbassi e che il bilancio raggiunga i limiti di spesa.
Il diritto alla salute è una delle caratteristiche del nostro Stato sociale che, attraverso il Servizio Sanitario Nazionale istituito nel 1978, si impegna a realizzare politiche sociali adeguate a garantire cure gratuite ai bisognosi e a tutelare la salute dei singoli e della collettività,cosi come previsto dall’articolo 32 della Costituzione.
E’ veramente cosi ancora oggi?

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