Caso clinico: la sofferenza di un adolescente. La rubrica medica del dottore Federico Mavilla

Mi piace, ancora una volta, proporre un caso clinico, che fa parte di quel mio diario ambulatoriale, ricco di esperienze e di aspetti sanitari e sociali, che giornalmente riempiono, ma anche gratificano la mia attività professionale.
“ Maria è una mamma poco più che quarantenne. Sposatasi a 23 anni con Renzo, dopo circa sette anni e dopo la nascita di due figli, si è separata. I due coniugi avevano una visione della vita differente: lui, nonostante fosse quasi coetaneo di Maria, sembrava più vecchio. In effetti, il suo aspetto appariva molto più grande della sua età. Maria lo trovava noioso e lui, molto legato alla propria famiglia d’origine, in particolare alla madre e alla sorella, ad un certo punto se ne andò. Tornò a Venezia dove riprese a vivere con la madre e la sorella Antonia. Questa, poiché era nubile, era una presenza costante a casa del fratello e della cognata, anche se era vista dai nipoti, Carolina e Luca, con una certa diffidenza per la sua durezza da istitutrice nelle lunghe giornate durante le quali li accudiva.
Maria passava tutto il giorno fuori a causa del lavoro; la cognata, non avendo mai lavorato, si recava, da Venezia a casa dei nipoti per occuparsi di loro. Quando le difficoltà tra i due coniugi diventano però insostenibili, Maria si ritrova da sola, con due figli piccoli a cui badare e con la defezione della cognata che, bene o male, aveva contribuito fino ad allora con la sua presenza all’accudimento dei nipoti.
Maria viene da una famiglia solida, dove le donne sono abituate al lavoro e sfortunatamente sia la nonna materna che la madre, rimaste sole per la morte precoce dei mariti, si erano duramente allenate a crescere i figli, lavorando sodo. Maria aveva preso dalla madre e dalla nonna la forza e il senso di responsabilità per affrontare le difficoltà e pareva non aver risentito più di tanto della dipartita di Renzo.
Dopo la separazione Renzo pare non occuparsi proprio dei figli: riprende, a detta della ex moglie, a uscire con i vecchi amici e a giocare a carte tardando a pagare l’assegno mensile e spesso se ne scorda per mesi.
Maria cerca sostegno oltre che nella sua famiglia d’origine, anche nell’ambito di un gruppo di genitori separati dove può scambiare la propria con le altre esperienze e condividere non solo il tempo del consueto incontro settimanale, ma spesso la domenica, le gite, le uscite, le feste di compleanno. Si tratta, comunque, di un periodo intenso e faticoso.
Intanto, Carolina e Luca crescono. Carolina sviluppa un’alleanza intensa con la madre e a 17 anni è una giovane ragazza più matura della sua età anagrafica. Luca, di due anni più piccolo,spesso litiga con la madre e la sorella. Le vede alleate e nello stesso tempo sente la sofferenza per l’assenza del padre.
Una sera Maria rientra stanca dal lavoro e dalla visita fatta alla madre malata di tumore ormai in uno stato terminale. Luca è al computer, come al solito. La madre lo chiama e pure la sorella; lo invitano a scendere per cena. Luca si arrabbia per l’insistenza e preso da un accesso d’ira urla alla madre degli improperi, scaraventando giù dalle scale un pacco di libri.
La madre, già provata dalla sua giornata, ha un tracollo emotivo, piange e gli urla : “Ho sempre saputo che non mi vuoi bene, che non vedi l’ora che muoia, cosi sei libero di fare ciò che vuoi, di stare al computer per intere notti, di non far nulla in questa casa, anche quando mi vedi stremata. Me ne vado.”
Maria prende la porta ed esce. Carolina la rincorre, ma prima di uscire a sua volta, grida al fratello: “ Ha ragione la mamma, tu ci vuoi morte tutte e due. Non ci vuoi bene! “
Maria vaga a piedi a lungo, e raggiunta da Carolina, questa la consola come può. Quando, verso le 23, rientrano a casa, Luca è già a letto. Maria e la figlia si coricano angosciate. Il mattino dopo è Luca ad uscire prima di casa, senza essere svegliato come di consueto dalla mamma. Prima di andarsene, però, lascia sul tavolo una lettera. E’ Maria che mi porta quella lettera da leggere ( che io riporto “integralmente” ), preoccupata di perdere quel figlio che non sa proprio come prendere.
Per la mamma Maria e Carolina ,
“ Io, non so chi vi ha detto che non vi voglio bene, io, forse, non riesco a dimostrarvelo, ma vi voglio bene. E, so, che vi faccio arrabbiare, ma sto crescendo, abbiate pazienza. Riguardo al computer io propongo una cosa : se studio mi collego, fino alle 22, se non studio non mi collego.
E, voi, come fate a dire che quando morirete è meglio ?! Siete pazze o cosa! Spero mi capirete, anche se so di sbagliare. Dimostratemi che per voi conto qualcosa! Lasciatemi crescere! E aiutarmi! Se non mi aiutate voi, e, dato che mio papà non mi aiuta, da chi vado? Dalle suore? E io voglio bene alla gente, anche se non sembra, stessa cosa capita con i miei pochi amici.
Io vi voglio bene, tengo troppo a voi.
Luca
A conclusione, queste sono le mie riflessioni.
La lettera di Luca, di un candore e di una tenerezza infinita, sottolinea quanto i figli siano fedeli e riconoscenti ai genitori. Luca è un ragazzo che soffre dell’assenza del padre, del quale non sente di potersi fidare, ma ha bisogno di “sentire “ che l’altro genitore si fida di lui, lo lascia provare e, nello stesso tempo, gli fa sentire che, comunque vadano le cose, la sua casa, la sua famiglia che rappresentano le sue certezze, ci sono sempre. Ho cercato di far capire alla sig. Maria che la difficile ricerca del proprio sé dell’adolescente, che gli permetterà di conseguire l’individuazione e la differenziazione, passa necessariamente per un processo di continua mediazione e sperimentazione, come nel caso presentato. Per me, medico di famiglia, si è trattato di un’esperienza forse non consueta l’incontrare un adolescente che fisicamente stava bene. Spesso, infatti, mi confronto con genitori preoccupati o spaventati come Maria.
Il mio compito è di accogliere e sostenere. Insomma, è come fare il genitore del genitore e in questo caso non è stato solo sufficiente, anche efficace.

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