LA TELEVISIONE, STRUMENTO DI CRESCITA CULTURALE O LABORATORIO FINALIZZATO ALL’INCREMENTO DELLA SCURRILITA’? La riflessione di Ballarò

Ci fu un tempo, neanche tanto remoto, che quando ci si approcciava alla televisione, lo si faceva con la consapevolezza di fruire d’informazioni che altrimenti non ci sarebbero pervenute, di vedere un film che anche se datato non avevamo avuto la possibilità di conoscere, di ampliare le nostre conoscenze grazie alla messa in onda di qualche programma culturale. Sebbene la televisione rimanga ancora ad oggi il principale strumento d’informazione e di svago di cui le famiglie italiane si avvalgono, non può non rilevarsi una degenerazione dello stile e della proposta culturale di questo mezzo.
Non è raro infatti fruire di notizie palesemente pilotate a seconda dell’indottrinamento subito dalla parte politica che gestisce una determinata rete; l’offerta di nuove produzioni di film per la televisione è sempre più carente; i programmi scientifico-culturali sono sempre più una rarità, ma soprattutto, non esiste più un talk show, un programma di approfondimento, uno spazio qualunque che non sia caratterizzato da scurrilità di linguaggio e di modi.
La volgarità ha preso il sopravvento, al punto che persino in eventi quale il festival di Sanremo, trasmesso in eurovisione, si vede trionfare la parola triviale, la trivialità dei modi.
Ma c’è motivo che in una manifestazione seguita da tutta l’Europa, si debba ricorrere all’uso della parolaccia, quasi fosse l’indispensabile ingrediente per alzare lo share ?
Esiste davvero la necessità di esibirsi, ricorrendo a degli abiti così aperti da far vedere l’inguine ?
Mi rifiuto di pensare che il successo d’una manifestazione possa essere conseguente all’utilizzo di spacchi vertiginosi o di parolacce che ricordano parti del corpo umano o luoghi aboliti per legge oltre 50 anni fa e preferisco credere che la qualità d’una proposta televisiva possa continuare ad essere valutata ed apprezzata per i suoi contenuti e la sobrietà del linguaggio e dei modi utilizzati. Se così non fosse, non abbiamo alcun motivo per scandalizzarci quando molti ragazzi di 10/12 anni usano un linguaggio che non può essere condiviso.

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