L’OSSERVAZIONE DAL BASSO ……………..DI DIRETTORE. NOZZE GAY: UNA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Prendo spunto dalla sentenza n. 4184 della Prima sezione civile della Cassazione, che si pronuncia in merito alle nozze gay sostenendo che “la diversità di sesso non è più presupposto indispensabile” al matrimonio, per fare alcune osservazioni.
Prima osservazione. Nella sentenza ci sono delle luci e delle ombre. C’è , anzitutto,la conferma(in tale direzione si era anche espressa nel 2010 la Corte costituzionale) che non esiste un diritto fondamentale a contrarre matrimonio da parte di due persone dello stesso sesso, nonché l’attestazione che le coppie omosessuali “non possono far valere un diritto a contrarre matrimonio né alla trascrizione di un matrimonio celebrato all’estero”. Si ribadisce, poi, che in questa materia l’Unione Europea non ha alcuna competenza, tant’è che ogni stato membro è libero di stabilire se sia ammissibile un matrimonio tra gay.
La sentenza opera inoltre uno strappo quando stabilisce che non è più indispensabile una diversità di sesso per contrarre matrimonio: questo, a mio giudizio, è inaccettabile perché non è compito della giurisprudenza stabilirlo. Cosa diversa è , invece, sancire “la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale”.
Seconda osservazione. Credo che una riflessione sull’argomento non si possa inquadrare soltanto in un orizzonte giurisprudenziale o meramente socio culturale, come pure ritengo non si possa ragionare sull’omosessualità lasciandosi condizionare dalla differenza tra l’ordinamento italiano e quello di altri Paesi europei, come se questi fossero da considerare più evoluti. La questione centrale su cui ragionare è, a mio giudizio, quella di stabilire che cosa si intende oggi per “famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”(Art. 29 della Costituzione).
Quando si parla di famiglia, bisogna certamente interrogarsi, nella società post-moderna, su “che cosa si intende per famiglia”, “qual è la sua qualità”, “che cosa oggi è vera famiglia”, nonché capire “chi è deputato a stabilire che cosa è vera famiglia”.
Rispetto a queste domande, la risposta non può essere affidata al singolo individuo, perché ognuno finirebbe per dare una risposta facendo leva sui propri gusti, sui propri desideri e sulle proprie necessità. La risposta non può venire neanche dallo Stato. Questo, infatti, essendo basato su maggioranze parlamentari con convinzioni politiche diverse , finirebbe per dare la propria definizione e visione concettuale di famiglia; e siccome le maggioranze cambiano, ci sarebbe un’ idea di famiglia a seconda della maggioranza in carica.
Io credo che né i singoli individui né lo Stato possano stabilire che cosa è famiglia. Occorre invece fare riferimento ad un criterio quanto più possibile oggettivo.
Quando parlo di “famiglia vera”, propriamente detta, intendo riferirmi a quella che corrisponde in modo adeguato alla “realtà ontologica” dell’uomo. Ci sono quattro condizioni, iscritte nella stessa natura dell’uomo, che ci possono consentire di parlare oggettivamente di famiglia vera e qualitativa: la relazione o reciprocità, la sessualità (rapporto uomo e donna), la generatività (presenza di figli come nuove persone) e il dono.
Allora alla domanda “che cosa è famiglia”, io rispondo dicendo che famiglia è quella consistente nell’essere una cellula della società che emerge dall’intreccio combinato di due relazioni fondamentali: la relazione matrimoniale (uomo e donna) e quella parentale (genitori e figli) che si legano tra di loro.
Alla luce di queste condizioni iscritte nella natura dell’uomo, parlare di famiglia significa parlare di queste relazioni che la definiscono oggettivamente; di conseguenza, non qualsiasi forma di relazione può esigere di equipararsi alla relazione familiare, ma solo quella nella quale si trovano questi elementi costitutivi di cui ho parlato. E uno Stato non può non tenere conto di questa dinamica importante. Si capisce allora che difendere la famiglia non è difendere un “interesse cattolico”, ma un valore che scaturisce dalla natura stessa dell’uomo.
Oggi si discute molto di laicità dello Stato, ma la laicità non può essere intesa come neutralità.
Lo Stato deve prendere coscienza che la famiglia è una cellula che deriva direttamente e immediatamente dalle persone e dalle relazioni; non si può chiedere ad esso, chiaramente, di imporre un’etica statale o confessionale, ma non si può neanche accettare che lo Stato sia neutrale di fronte a qualsiasi forma di famiglia. La laicità positiva di uno stato è quella che riesce a promuovere valori familiari, umani ed universali che derivano dalla stessa natura dell’uomo. La laicità positiva di uno stato è quella che rispetta la costituzione, che non emargina gli omosessuali, che evita discriminazioni di diritti(salute, assistenza, casa, risarcimenti, lavoro) a coppie che convivono qualunque sia il sesso, ma che dice con altrettanta chiarezza che è una forzatura “equiparare a famiglia” , identificare con la realtà di famiglia il rapporto tra due soggetti dello stesso sesso. In questa direzione non esistono sentenze sufficienti a sbrogliare la matassa, perché la questione è di natura antropologica, filosofica, teologica, psicologica, culturale, e poiché tocca la persona e la società, anche politica.

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