AL MATTINO E IL LUNEDÌ AUMENTA IL RISCHIO INFARTO. La rubrica medica del dottore Federico Mavilla

Chiariamo, innanzitutto, perché avviene un attacco cardiaco. Il cuore è un muscolo molto complesso che contraendosi pompa il sangue in tutto l’organismo. Per funzionare, come tutti gli organi, necessita di ossigeno; quest’ultimo, contenuto nell’emoglobina del sangue, arriva al cuore attraverso un sistema di arterie chiamate arterie coronarie. Talvolta, queste arterie possono ammalarsi ed essere colpite da aterosclerosi che forma vere e proprie placche all’interno del vaso. Le placche aterosclerotiche possono rompersi e formare trombi che ostruiscono il vaso e quindi il flusso di sangue verso il muscolo cardiaco. Se questa ostruzione permane il muscolo cardiaco diventa ischemico: significa che arriva poco ossigeno. All’ischemia, se persiste, segue l’infarto, che in pratica significa la morte delle cellule del muscolo cardiaco. Relativamente alla regione del cuore colpita l’infarto può essere più o meno esteso: ecco perché alcuni infarti sono fatali ed altri no.
Gli attacchi di cuore non si manifestano sempre allo stesso modo. La classica descrizione di un attacco di cuore è un intenso dolore nel petto, spesso nella parte dietro lo sterno, più verso sinistra. Il dolore può irradiarsi verso il collo, le spalle e le braccia. Alcune persone non avvertono dolore ma un senso di pesantezza e/o oppressione al torace, come un peso all’interno. Altri sintomi possono essere senso di nausea, vomito, respiro corto (affanno), sudorazione intensa. Poiché i sintomi possono cambiare da caso a caso, è importante sottolineare che non tutti hanno i sintomi classici dell’infarto, cioè un forte dolore dietro lo sterno. Alcuni soggetti hanno uno o più sintomi. Tuttavia quando uno di questo sintomi persiste per un tempo superiore a circa 30 minuti, la possibilità che si tratti di un infarto è alta..
La maggior parte dei danni da infarto avviene nella prima ora dalla comparsa dei sintomi. In caso di infarto, chiamare quindi immediatamente il 118 e spiegare i sintomi all’operatore. Se è possibile si può andare direttamente in un Pronto Soccorso, se abbastanza vicino, in ogni caso bisogna farsi accompagnare da qualcuno, e soprattutto non guidare.
Il ritardo alla cura negli eventi coronarici acuti si è dimostrato essere un fattore di rischio aggiuntivo in termini di sopravvivenza, con l’importante caratteristica di essere un fattore di rischio in parte evitabile. Basta pensare infatti che la maggior parte dei casi di arresto cardiaco avviene nelle prime due ore dall’infarto, e che l’efficacia delle terapie cardiologiche (come la trombolisi, l’angioplastica o la chirurgia) è strettamente legata al fattore tempo.
La necessità di un trattamento precoce è quindi indispensabile per evitare la comparsa di lesioni progressivamente irreversibili nel cuore e nel cervello che se pur non portando alla morte, possono limitare notevolmente la futura qualità di vita.
Tutto ciò è importante perché attualmente la medicina dispone di farmaci e cure altamente efficaci nel ridurre l’area di infarto e migliorare quindi la sopravvivenza e la qualità della vita.
Una interessante domanda usualmente posta è perché è al mattino e il lunedì che aumenta il rischio di infarto?
Al mattino il rischio di ictus ed infarto è più alto. Se poi quel mattino è proprio di lunedì, il giorno del ritorno alla lavoro, il rischio per patologie cardiovascolari sale ancora.
La morte legata a patologie cardiovascolari come ictus, infarti o aneurismi aumenta al mattino e soprattutto il lunedì. Il rischio di infarto sale al 40 per cento tra le 6,30 e le 12 del mattino e gli infarti si rivelano più fatali.
Il problema sarebbe lo stress, che al mattino raggiunge un picco proprio nel momento del risveglio.
Al mattino diversi fattori, come il risveglio, l’aumento dell’attività fisica e della frequenza cardiaca e la maggior sintesi di cortisolo dovuta allo stress dell’avvio di giornata, inducono un incremento nella domanda di ossigeno; inoltre, dopo il risveglio è maggiore la vasocostrizione delle coronarie, l’adrenalina in circolo è più abbondante e le piastrine tendono a essere maggiormente “adesive” favorendo la formazione di trombi. Tutto questo si traduce in una ridotta disponibilità di ossigeno circolante, un aumento della pressione e una maggiore instabilità delle placche aterosclerotiche, che possono quindi rompersi provocando un infarto.
Agli stimoli come stress o incrementi della pressione arteriosa reagiamo in maniera diversa a seconda del momento del giorno o della settimana, e ciò può aumentare o diminuire la probabilità di ammalarsi o avere un infarto. Al lunedì evidentemente è più probabile una sorta di “fuori sincrono” degli orologi biologici periferici presenti in quasi tutti gli organi, cuore compreso. Inoltre, può darsi che giochino un ruolo sfavorevole anche un incremento della pressione o degli zuccheri e lipidi nel sangue a seguito del diverso stile di vita nel fine settimana. L’effetto della ripresa del lavoro invece parrebbe solo parziale, perché l’inizio della settimana risulta più rischioso anche per chi è pensionato.
È importante prima di tutto rispettare le buone regole di vita quotidiana, alimentari e di attività fisica, assumere le terapie corrette agli orari appropriati, e magari prendere l’inizio della giornata e della settimana con calma, cercando di ridurre almeno lo stress.

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