LA SESSUALITA’ E IL MEDICO. La rubrica del dottore Federico Mavilla

La sessualità, i problemi legati al sesso, le deviazioni dalla normalità sono divenute argomenti sempre più discussi, al centro di dibattiti, teatro persino di furibonde battaglie ideologiche.
Non è questa la sede per affrontare argomenti che richiedono volumi e volumi di trattazione, per cui mi limiterò ad alcune osservazioni riguardanti il rapporto tra medici e tematiche sessuali, quali possono presentarsi quotidianamente in un ambulatorio di medicina di famiglia.
La prima notazione è che di sessualità si parla poco, troppo poco: il medico, per remore culturali o religiose o semplicemente per disinteresse o mancanza di tempo, difficilmente affronta per primo l’argomento ‘sesso’ e, dall’altra parte della scrivania, il paziente ha difficoltà, per pudore o timore, ad esporre gli eventuali problemi inerenti la propria sfera sessuale. La formazione accademica dei medici italiani è ancora oggi troppo legata ad uno schematismo in cui si affrontano le malattie e non i pazienti, in cui si sa tutto su etiologia, diagnosi e terapia di una malattia, ma si dimentica che questa malattia non è un’entità a sé stante, isolata, ma fa parte integrante di un essere umano che, proprio in virtù della sua diversità rispetto a tutti gli altri suoi simili, può modificare radicalmente l’evoluzione della malattia stessa.
Nei 6 anni del corso di laurea in medicina si impara a curare le malattie ma non i singoli malati, si pensa alla persona che si ha di fronte come un inerte veicolo di malattie e non come un essere vivente con caratteristiche peculiari e spesso irripetibili, in cui la sessualità è una componente non certamente secondaria.
Ed ecco allora che, tradizionalmente, il medico ‘aspetta’ che il paziente gli esponga i propri disturbi e poi mette in atto le flow chart diagnostiche che gli hanno insegnato durante gli studi, cercando di arrivare ad una diagnosi. Molto difficilmente, invece, è il medico a compiere il primo passo, attuando un’operazione di maieutica ed ‘estraendo’ dal paziente sensazioni, disturbi, disagi relativi alla sfera sessuale: per quello ci sono i psicologi, i consulenti, gli andrologi, i sessuologi, i ginecologi, i consultori…dimenticando che proprio per la natura strettamente intima e personale, molto difficilmente un soggetto si rivolgerà in tali sedi.
Quindi, in definitiva, negli studi dei medici di famiglia in genere l’argomento ‘sesso’ è diventato una sorta di lato oscuro da non indagare (da parte del medico, il più delle volte per disinteresse culturale) e da non rivelare (da parte del paziente, il più delle volte per timore di non essere compreso o di essere addirittura giudicato).
Se adattiamo queste premesse ad un aspetto particolare della sessualità così scottante come l’omosessualità, è facile capire che se ne parli molto poco o addirittura niente del tutto: noi medici abbiamo troppo da fare a risolvere altri problemi e il tempo da dedicare ad un argomento così complesso è enorme; i pazienti vivono spesso la loro condizione con disagio, immersi in una società che bolla come ‘malattia’ o addirittura ‘perversione’ la loro sessualità, circondati da moralisti che attribuiscono valenze etiche ad una condizione fisica, ostacolati da politici che considerano l’omosessualità una condizione da ignorare (quando non da reprimere), ostracizzati da chiese che li bollano come ‘peccatori’.
Quindi, almeno per ora, il rapporto del medico con il paziente omosessuale è nella maggior parte dei casi inesistente. La ‘colpa’ non è certo dei medici né degli omosessuali: la responsabilità di questo comportamento quasi agnostico è della società in toto, della cultura, della religione, dell’evoluzione che il riconoscimento dei diritti umani deve ancora compiere, della politica che deve non solamente a parole riconoscere che il ‘diverso’ non è automaticamente da bollare e da ostacolare ma è un soggetto con pari diritti dei cosiddetti ‘normali’, da tutelare con leggi al pari di tutti gli altri cittadini.
Quando si arriverà ad una società con queste caratteristiche, quando non avrà più alcun senso parlare di ‘coming out’, quando la scienza prevarrà definitivamente sull’ignoranza, allora si potrà accettare l’omosessualità come un modus vivendi, gli omosessuali potranno rivolgersi al proprio medico con serenità e non esisteranno più esseri umani di prima e di seconda scelta. Fino a quel momento, la coltre fumosa di oscurantismo che regna attualmente continuerà ad opprimere degli innocenti.

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