La donazione del sangue. La rubrica medica del dottore Federico Mavilla

Qualche tempo fa non era insolito vedere dei camioncini dell’AVIS attrezzati a piccoli laboratori ambulanti, davanti a scuole o facoltà universitarie o nelle piazze principali con i volontari che, avvicinandosi ai passanti, chiedevano senza sosta: “Vuole donare del sangue?”.
Ancora oggi purtroppo, benché il numero dei donatori sia salito, le riserve di questa linfa vitale scarseggiano.
Sono molti ancora, infatti, i pregiudizi esistenti sulle donazioni di sangue: la paura di soffrire, di sentirsi male, di arrecare danno al proprio corpo per fare del bene ad un ipotetico paziente, e poi ancora il timore di contrarre delle malattie frenano incredibilmente quello che potrebbe essere un atto d’amore non soltanto verso il prossimo, ma anche verso se stessi. Sembra strano, eppure è così. Chi si sottopone a donazione di sangue volontaria innanzitutto stimola la produzione di ‘sangue nuovo’; infatti, il prelievo, e quindi la riduzione delle cellule ematiche nel proprio organismo, induce il midollo a produrne delle nuove, effettuando un ricambio di globuli rossi e bianchi, plasma e piastrine.
Inoltre, un campione di sangue che viene prelevato preliminarmente alla donazione, verrà utilizzato per effettuare un vero e proprio ‘tagliando’ della salute del donatore, gratuitamente e in completo anonimato. In più, per legge, chi dona il sangue ha diritto ad assentarsi dal lavoro per quel giorno e ad essere retribuito normalmente.
Praticamente tutti possiamo essere donatori, l’importante è avere un’età compresa tra i 18 ed i 65 anni ed essere in buona salute, non ci sono controindicazioni alla donazione di sangue. Al centro di prelievo, ogni donatore sarà sottoposto ad un colloquio preliminare, in forma assolutamente anonima, sulle proprie abitudini di vita (abitudini sessuali, assunzione di stupefacenti, comportamenti a rischio, eventuali aborti o parti recenti, …), ad un elettrocardiogramma, una radiografia toracica ed un prelievo volti ad indagare se il donatore sia veramente idoneo.
Ci sono, comunque, delle condizioni temporanee che escludono i donatori momentaneamente dalla donazione: gravidanza in corso, parto da meno di un anno, recente intervento chirurgico, trasfusioni eventuali nei cinque anni precedenti, recenti viaggi in paesi a rischio malattie infettive, eventuali rapporti sessuali a rischio.
Altre condizioni, invece, escludono le donazioni a vita: epatiti, AIDS, ed in generale tutte quelle malattie infettive che si trasmettono per via ematica, l’esistenza di patologie dell’apparato cardiovascolare o l’assunzione cronica di stupefacenti.
E’ interessante inoltre sapere che possiamo anche essere noi stessi i riceventi ed i donatori nello stesso tempo. Nei casi di interventi programmati, spesso si attua l’autotrasfusione; il paziente, cioè, si reca più volte ad un centro trasfusionale (solitamente quello dell’ospedale in cui deve essere sottoposto ad intervento) e deposita il proprio sangue, che verrà utilizzato durante l’operazione. Questo, ovviamente, è impossibile se l’intervento viene praticato d’urgenza.
Il prelievo di sangue a fine donazione dura all’incirca mezz’ora ed estrae dall’organismo del donatore circa 450 cc di sangue intero, cioè con le cellule ematiche non separate tra di loro. Questo sangue viene raccolto in una sacca di plastica e poi conservato ed utilizzato intero oppure soltanto in alcuni dei suoi componenti, dopo aver separato tra loro le varie cellule.
Il sangue è una sostanza complessa in cui ogni elemento ha una sua specifica funzione, quindi la trasfusione può riguardare il sangue intero o solo alcuni suoi componenti (plasma, globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, fattori della coagulazione, ecc.)
Oggi infatti esistono macchinari che separano direttamente le cellule ematiche durante il prelievo, restituendo gli elementi ‘inutili’ al donatore; questa tecnica è detta aferesi e permette di raccogliere separatamente soltanto il plasma, le piastrine o i globuli rossi.
Questa metodologia prende sicuramente più tempo e può variare tra 40 minuti ed un’ora e mezza circa. Anche in questi casi, il donatore non deve temere di sentirsi male dopo il prelievo, perché, oltre ad essere sotto controllo l’emoglobina durante il prelievo, i centri offrono una sorta di ‘colazione’ per il reintegro degli zuccheri a base di merendine e succhi di frutta.
L’emotrasfusione serve a reintegrare il sangue perduto in seguito ad emorragie causate da traumi, patologie o interventi chirurgici; in caso di ustioni; trapianti d’organo; parto; emorragie di tipo organico (anemie, talassemia, leucemie, linfomi, neoplasie, emofilia, ecc.); carenze di componenti del plasma (albumina, fibrinogeno, fattori della coagulazione o altri fattori plasmatici.
Di regola il paziente va trasfuso con sangue appartenente al medesimo gruppo sanguigno. In urgenza o quando il gruppo sanguigno è dubbio possono essere trasfusi globuli rossi (ma non sangue intero) di tipo 0. I soggetti Rh-negativi devono ricevere sempre sangue Rh-negativo, quelli Rh-positivo possono riceverne di entrambi i tipi.
Sebbene il sangue possa essere trasferito direttamente da donatore a ricevente, gli ospedali generalmente utilizzano sangue raccolto in precedenza e conservato nelle “banche del sangue” (emoteche).
La quasi totalità del fabbisogno di sangue delle emoteche viene soddisfatta da donatori volontari: ogni donatore fornisce all’incirca 300 g di sangue per donazione.

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